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Come sempre in ogni esperienza vado a cercare il lato più nascosto, quello profondo e alla fine il più vero. Il soggiorno negli Stati Uniti mi ha lasciato una nostalgia che non avrei pensato di provare. Ho ritrovato ambienti e scenari dove ho vissuto molti anni fa, rivisto ragazzine e ragazzini di allora divenuti ormai donne e uomini maturi, ancora colmi di ricordi e d’affetto sincero, insieme alla nuova ammirazione anche per il mio percorso letterario. E ho consciuto giovani davvero in gamba, che lavorano con grande serietà, umanità e gentilezza in molti settori. Un popolo laborioso, sorridente e accogliente, semplice e profondo, capace di superare le infinite sfumature che caratterizzano la nostra cultura, per andare al sodo in modo netto e preciso. Proprio come la lingua parlata, dove i concetti si sintetizzano in modo chiaro.
I ristoranti nei quali è un’abitudine richiedere una scatola per portare a casa parte delle gigantesche porzioni che non si riesce mai a terminare nel corso di un pasto. La genuina sorpresa di fronte alla richiesta di “An Italian coffee” che per loro è “An Espresso”, qualcosa che somiglia al nostro insostituibile e inimitabile caffè. I discreti e spontanei complimenti di chi ha ammirato il mio abbigliamento, la moda italiana e il nostro inconfondibile stile.
Il loro affetto è stato genuino, costellato di episodi unici e profondamente significativi. Il bacio leggero depositato sulla mia mano da una amica che, nel salutarmi, mi ha sussurrato “Saremo legate per sempre”, la commozione sincera di Eddie, Allison, Richard, Nancy, Debbie e molti altri nel separarci, la soddisfazione nei loro occhi quando mi hanno fotografato lungo le rive del Merrimack, con l’edizione inglese del mio romanzo “A Shadow On Merrimack River”, l’aver riservato tanto tempo ed energie solo per dedicarsi a me ed esaudire se possibile i miei desideri. Per me è stato un dono del destino.

Ho ripercorso la strada dove abitavo. Casa mia non c’è più, demolita come le altre del quartiere, come la chiesa e l’istituto scolastico, ma lo scenario è lo stesso. “The willow tree”, il salice piangente dove ci davamo appuntamento al mattino, la Old Brown Avenue.









Ora so di aver creato un tassello importante per la storia di quel luogo, e loro riescono ad apprezzare anche i più sottili frammenti di storia, mentre noi a volte sottovalutiamo l’enorme e prezioso patrimonio che possediamo. Scrivendo il mio romanzo “Un’ombra sul fiume Merrimack”, ambientato negli anni Sessanta quando l’America era nel pieno della guerra con il Vietnam, nel quartiere di Goffs Falls solcato dal fiume Merrimack, la parte di Manchester poi demolita, io ho donato a me stessa e anche a loro il ricordo di qualcosa che è stato e non c’è più. E gli scenari, le persone e gli oggetti che non ci sono più devono possedere un valore inestimabile. Sono tornata e sento già la nostalgia di un’esperienza che mi ha reso ancora più orgogliosa di quello che siamo e della nostra cultura, e nel contempo ancora più umile nel confronto con realtà culturali e sociali diverse. Qualcosa che resterà per sempre.
Alcuni scatti che hanno immortalato momenti diversi, dal convegno alle cene e ai pranzi con amici e lettori, anche con la nota scrittrice americana Nora Leduc, nella foto centrale con la camicia violetta. E’ stato davvero incredibile passeggiare al Sea Food Festival di Hampton e incontrare il governatore dello Stato, Chris Sunnunu, col quale ho potuto parlare di Roma, dell’Italia e dei miei libri.














Un’altra scoperta sono stati i ristoranti. Ho trovato una cucina ottima dovunque, e da Carrabba la vera cucina italiana. L’aver detto alla cameriera che stavo gustando il genuino sapore italiano, mi ha giovato il dono di ben quattro cannoli siciliani che, per il jet lag, alla fine mi sono ritrovata a divorare alle quattro del mattino. L’insalata con il salmone, invece, fa parte di uno dei piatti gustati in un bel locale di Portsmouth ed è tutta americana.












Restate collegati per Arlington, Boston e un ricordo dolcissimo!
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