“…la sua mente volò lontano, nei luoghi e nel tempo. Si trovò di nuovo seduta sulla sabbia chiara, vicino alla rocca di Nettuno, con i capelli neri e lucidi sciolti sulle spalle, mentre lui le sussurrava quanto lei fosse bella, dopo averla posseduta per tutta la notte. Le indirizzava giocosi spruzzi di mare, e andava a leccarle le gocce che restavano sulla sua pelle come perle trasparenti e preziose. Era finita la guerra, lui era tra quelli che avevano liberato l’Italia e l’amava veramente. Un ricordo straziante, verso il quale Giuliana sapeva quanto fosse inutile cercare di alzare delle barriere. Tuttora, quando riviveva quella scena, la nostalgia era talmente forte da non farla respirare. Aprì le finestre del suo ufficio su Piazza Mincio e il gorgoglio della fontana le ricordò per un lungo momento la risacca di quel mare. Non riusciva mai però ad andare oltre nel rimembrare, era troppo penoso. Chiuse gli occhi e cercò di respirare il profumo di quell’aria dolce di primavera. Vi fu un giorno nella sua vita nel quale giurò a se stessa che non sarebbe stata mai più bella e avrebbe sacrificato il tempo che le restava da vivere solo per rimediare agli errori che aveva commesso.”
Da “Quelle strane ragazze” Premio Letterario Perseide 2014, con il titolo La fontana delle rane. Allora il testo venne pubblicato in un’edizione più snella, rispettando le regole concorsuali.. “Quelle strane ragazze” ne rappresenta la versione ampliata ed integrata. Il romanzo è ordinabile nele librerie del territorio nazionale, in tutti gli store online store online ed è in distribuzione globale in tutto il mondo, anche in edizione cartacea.
Ringrazio di vero cuore Alice Silvia Morelli e Luigi Pistone per avermi invitato a partecipare all’interessante incontro letterario di Radionoff insieme allo scrittore Bruno Brundisini e la sua bella opera.
Nella giornata di oggi, che celebra il libro, voglio fare alcune riflessioni su ciò che ne rappresenta la nascita. Mi reputo una persona fortunata, perchè ho avuto il privilegio di scriverne e pubblicarne almeno quindici. E ancora mi chiedo quale sia la magia che porta alla realizzazione del libro, la sintesi dei vari fattori che, disconnessi uno dall’altro, si intrecciano in un momento preciso per dare vita a qualcosa che resterà per sempre.
Ognuno dei miei romanzi è nato da quella che io chiamo la carezza nell’anima, cioè l’ispirazione. Un profumo, la luminosità, il paesaggio, i suoni, la musica, un misto di sollecitazioni che accarezzano l’anima, e poi la stringono forte, fino a lasciarti senza respiro. La storia sta nascendo e non puoi farci nulla. Deve uscire. Inizia così quella dolcissima e lacerante sensazione che non ti fa quasi più vivere finchè non dai vita alla trama. I personaggi iniziano a materializzarsi dentro e fuori di te. Hanno tutti delle caratteristiche precise, dei desideri definiti, e una forza di carattere a cui non riesci a far fronte. Parlano, si muovono, sono attorno a te e chiedono solo di vivere tramite la tua fantasia, la voglia prorompente di generarli.
E ti trovi chiusa nello studio per ore, salti i pasti, non ti interessa se fuori c’è il sole, perchè quello che vivi intimamente vale un milione di raggi di luce. Sei poiettata in un universo che in quel momento è solo tuo, ma lo ami e lo curi in modo che un giorno appartenga al mondo intero. E sei presa totalmente a seguire con coerenza le inclinazioni e i caratteri dei personaggi, una coerenza che non deve difettare fino all’ultima riga. Emozioni profonde, intrise d’amore e di passione, ma anche disperazioni infinite. La tua vita pulsa insieme alla loro e non sarai mai sola. Mentre scrivi sei con loro, dopo vivrai nell’animo dei tuoi lettori.
E le ambientazioni debbono essere lo sfondo e la cornice di un’opera che deve far sognare, viaggiare lontano nei luoghi e nel tempo. Le descrizioni di ciò che i tuoi protagonisti vedono, toccano, provano mentre le loro vite si intrecciano. L’eco dei loro passi per quelle strade, i profumi di un tempo passato. E l’amore fisico deve essere espresso senza veli o limitazioni, così come la crudeltà e la follia, la felicità e la speranza, in un puzzle che si compone, straordinario, davanti ai tuoi occhi.
Il momento in cui li lascerai, perchè il libro è terminato, sarà uno dei più difficili che un essere umano possa soffrire. Lasciare i personaggi e il mondo che con loro hai creato.
Questo è ciò che ho provato scrivendo ognuno dei miei romanzi, trattando temi scabrosi o leggeri, ambientandoli in luoghi e contesti storici e sociali attuali o lontani nel tempo, descrivendoli in modo filmo grafico, come molti critici li hanno definiti.
E celebro questa giornata, per ciò che nasce con tanta passione e poi riesce a trovare la dimensione che sarà eterna, attraverso la valutazione e l’impegno dell’editore. E’ infatti l’editore serio e onesto, che deve amare il tuo testo così come lo ami tu e deve renderlo perfetto scegliendo la giusta cover, estrapolandone la sinossi e persentandolo con la adeguata grafica. Solo così possono nascere dei testi validi, in un mondo dove la lettura si deve confrontare con le varie opzioni di comunicazione virtuale.
Mentre non bisogna mai dimenticare che la lettura e la scrittura sono le forme più alte di libertà!
Una festa che, pur non avendo lo stesso significato per tutti, rappresenta comunque la rinascita e il rinnovamento e viene festeggiata con pittoresche e affascinanti tradizioni nelle diverse culture. Quindi tanti auguri a tutti, per una Pasqua che credo sia soprattutto di speranza!
“Il vento dolce di aprile”, un racconto che parla proprio del risveglio, pubblicato da un periodico della RAI, dal settimanale L’Ortica del Venerdì e nell’antologia “I doni della mente” (ed. inglese “Echoes of the soul”)
IL VENTO DOLCE DI APRILE
Tempo fa, un invito a cena a casa di un’amica, ma con un pizzico di brio. C’era un tema attorno al quale si sarebbero sviluppate le conversazioni della serata: “La primavera, il risveglio”. Le invitate, tutte rigorosamente donne, che si conoscevano appena, avrebbero potuto parlare ognuna del proprio risveglio e scrivere anche qualcosa al riguardo.
Non potevo immaginare l’atmosfera nella quale mi sarei immersa in quelle ore, che sono trascorse troppo veloci. Un ambiente elegante, nel quale ogni particolare parlava del gusto raffinato e sapiente della persona che aveva organizzato l’originale serata. La luce soffusa e nel sottofondo una musica soft, avvolgente ed emozionante colonna sonora di quell’incontro. Cinque donne, ognuna con la sua storia e il suo bagaglio personale che, tra piatti gustosi e prelibati manicaretti, non hanno trovato difficoltà ad aprirsi, condividendo insieme gioie, tragedie e scelte coraggiose, ciascuna parlando del proprio risveglio. Scoprivo, in ogni loro sguardo, che non è difficile denudare l’anima. Occhi penetranti e trasparenti, la sensazione di immergersi ognuna nella storia dell’altra, come in un mare divenuto all’improvviso quieto. La morte di un figlio, l’abbandono di un marito, la scelta di continuare una gravidanza sapendo di partorire una bimba con difficoltà, la lotta contro il cancro… esperienze terribili che ognuna donava sorridendo all’altra come un omaggio prezioso, dal quale tutte avevano tratto il risveglio della propria coscienza. Solamente una delle invitate sembrava avere avuto tutto dalla vita ed era l’unica ad aver scritto qualcosa. Sollecitata dalle altre ha iniziato a leggere mostrando, proprio lei, un pudore inaspettato nel raccontare il suo risveglio:
E finalmente guardo il sole, dritto negli occhi, senza abbassare i miei. I tiepidi raggi d’aprile mi accolgono come se mi avessero atteso per un’eternità. Una brezza lieve scompiglia i miei capelli e asciuga le lacrime che stavano affiorando, donandomi un sentimento ancora sconosciuto. Non è vero che si resta abbagliati guardando con fierezza il sole, anzi, inspiegabilmente in esso ci si rivede la propria immagine, come in uno specchio che, ardente, la fonde e la conia, per renderla eterna.
Mi vedo, con le rughe e gli incipienti capelli bianchi, il mio sorriso spento e consapevole. Il calore mi impedisce di mentire, e io stavolta permetto al mio urlo di uscire e grido: <<Non lo voglio più! Non voglio più chi si è preso la mia primavera per trascinarmi nel suo autunno e annegarmi in un inverno senza fine! Non voglio più rinnegare me stessa, la mia voglia di suoni, di colori e parole. Sì, sono stanca del silenzio che c’è nel mio mondo, voglio accordi di arpe a scandire le mie ore, e godo ora che meravigliose sensazioni riescono a venir fuori dal mio animo senza difficoltà, come prigionieri che abbiano inspiegabilmente trovato la cella aperta e, silenziosi e veloci, corrono verso la libertà! Desidero udire parole, parole d’amore che il vento dolce d’aprile inizia a sussurrarmi, scatenando in me quei brividi che da sempre non provavo.
E finalmente guardo il sole, dritto negli occhi senza abbassare i miei. Sento inequivocabilmente che la primavera è finalmente tornata e posso respirare in pieno il suo profumo. Non esiste un’età nella quale non si possano vedere sbocciare dei fiori, quelli che adesso vedo tra i miei capelli. Le perle di sudore sono gemme che brillano nei solchi rugosi delle mie gote, e teneri boccioli affiorano sul mio pube. Questa scorza che mi riveste nasconde solo una calda passionalità e io rinasco in questa luce, che non mi ha ancora accecato. Non bisognamai rinnegare la propria primavera, perché lei, in realtà, non ci ha mai abbandonato.
Accadeva sette anni fa, l’intervista di Federica Manzitti per la trasmissione Primo Spettacolo di Radio Città Futura. Allora avevo scritto il mio quinto romanzo “Una morte sola non basta” (Del Vecchio Editore). Presentato alla biblioteca della Camera dei Deputati è stato poi inserito nel catalogo di prestigiose biblioteche universitarie statunitensi in edizione italiana. Anche a distanza di anni questo romanzo non smette di interessare e sosrprendere.