Eventi, LE NEWS

Oggi in videoconferenza con il mio “Compagno Amaro”


Oggi, giornata mondiale delle malattie rare, sarò ospite di una videoconferenza dedicata a questo delicatissimo tema. Nel 2010 partecipai alla seconda edizione del concorso letterario nazionale Il Volo di Pegaso, promosso dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità.

Ricordo che i racconti dovevano avere come tema Oltre l’ignoto e sentii subito il desiderio di scrivere al riguardo. Scrissi di getto il racconto “Il Compagno Amaro” che vinse il primo premio. La cerimonia di premiazione ebbe luogo proprio all’interno dell’Istututo Superiore di Sanità e fu un’esperienza umana, oltre che letteraria, molto profonda.

Sono legata in modo paticolare a questo racconto, poichè il premio letterario che si è aggiudicato è stato il primo della mia carriera e anche ora, che ne posso annoverare diversi, quel ricordo occupa sempre un posto speciale nel mio cuore. Infine devo anche dire che la narrazione, nella sua drammaticità, è ispirata a una storia vera, a me molto vicina.

Il racconto è stato poi pubblicato nella raccolta del concorso, nell’antologia “I doni della mente”, dal settimanale Ortica del Venerdì (la copertina scelta dalla redazione ne è l’estratto), da un periodico della RAI e, tradotto in lingua inglese, è stato pubblicato nell’antologia “Echoes of the soul”.

Oggi l’argomento verrà dibattuto in una videoconferenza sulla pagina FB della FUIS, ma restate collegati perchè posterò nel presente articolo il link al video appena disponibile.

https://danielaalibrandi.wordpress.com/2017/07/09/dove-acquistare-i-doni-della-mente/

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I Miei Racconti, LE NEWS

Mi sembra di sentirli quei suoi passi leggeri…


“…Ormai è sera e sul soffitto le cime degli alberi, mosse dalla brezza notturna, compongono delle strane ombre, che mi raccontano un’altra storia e mi mostrano ciò che non ho mai voluto vedere. La gioia e l’amore, la follia e la crudeltà, l’orgoglio, il coraggio e la disperazione. Luci e ombre, vita e morte… “

“I suoi passi leggeri” è giunto finalista al concorso letterario nazionale La Memoria e pubblicato nel volume Micol e nell’antologia “I doni della mente”. E’ stato pubblicato su diversi settimanali e da un periodico della RAI.

https://www.kobo.com/it/it/ebook/i-doni-della-mente

https://www.amazon.it/DONI-DELLA-MENTE-Racconti-Pensieri-ebook/dp/B019CRTCRI

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LE NEWS

Allora è così che si invecchia


Allora è così che si invecchia amore mio, e non l’avrei mai detto quando credevo che il rosso passionale avrebbe lasciato il posto a tenui colori pastello. C’è stato un tempo nel quale avrei giurato che il battito veloce del cuore si sarebbe tramutato in quello stanco di un volatile in caduta, che la rugiada sui petali di rosa null’altro sarebbe stata che lacrime di occhi anziani e stanchi, che un giorno di noi non sarebbe rimasto poi granché.

E invece no, ci si rende conto di invecchiare nella veloce vertigine che assale nel levarsi dal letto al mattino, nella fatica a salire le ripide scale, nell’affanno di una corsa che non è più facile come quelle che ricordavamo. Ma il resto no, amore mio dolcissimo. Il battito di quelle ali è sempre più veloce, la rugiada riflette ancora il tuo sorriso sensuale e vicino a te il rosso è sempre più luminoso e passionale.

Ci si invecchia nel non stancarsi mai di stare insieme, nel desiderare la notte al ritmo dei nostri respiri, nel prenderci per mano ancora, seppure a volte tremeranno, e nel riuscire a udire solo le frasi d’amore che sgorgano sempre più belle e vive, anche se rischieranno di essere coperte dai sonori ronzii del nostro udito. Ci si invecchia pensando che dove andrai tu, verrò anch’io, sempre con te amore mio.

Tratto da “I doni della mente” su Amazon in Edizione cartacea ed ebook

In versione ebook anche su Kobo:   

https://www.kobo.com/it/it/ebook/i-doni-della-mente

 

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ANTOLOGIA DI RACCONTI - I Doni della Mente, LE NEWS

La lettura è amore, così come lo è la scrittura


Scrivere è un atto d’amore, questo l’ho sempre pensato, ma quando si sente leggere con lo stesso sentimento ciò che si è scritto, il cerchio si chiude in una magia imperscrutabile. Lucia Caponetto legge “La Vera Storia della Befana”, una fiaba scelta dall’editore Morellini nell’ambito dell’iniziativa #Faivolareunafiaba. Mai come in questi giorni di isolamento è importante saper trascorrere il tempo insieme ai nostri bambini in modo sereno, nel mondo delle fiabe che, a volte, sono le uniche a poter spiegare loro le difficoltà dei problemi attuali.

“La vera storia della befana” è stata anche pubblicata da un mensile della RAI, da settimanali e in un numero dedicato ai bambini de “L’Ortica del Venerdì”. La fiaba fa parte della antologia “I Doni della Mente” (edizione inglese “Echoes of the soul”) disponibile in cartaceo e ebook su Amazon:

https://www.amazon.it/DONI-DELLA-MENTE-Racconti-Pensieri-ebook/dp/B019CRTCRI/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=I+Doni+della+mente&qid=1587548930&s=books&sr=1-1

e in ebook su kobo:

https://www.kobo.com/it/it/ebook/i-doni-della-mente

 

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LE NEWS

A Natale regalate un libro e svelerete un mondo!


A Natale la solita indecisione… cosa regalo? Io non ho dubbi, un libro è sempre un dono gradito, non occupa spazio e racchiude un mondo tutto da scoprire, una storia che spesso resta dentro di noi, e per sempre.

Un augurio speciale di Buone Feste amiche e amici! Quante frasi si ripetono in questi giorni, che parlano di serenità, di felicità, di sogni e della speranza che si avverino. Si parla di amore e di affetti profondi. Eppure la realtà dell’amicizia, quella vera, riesce sempre a stupirmi, il sentimento che non chiede e non delude, e non lascia mai soli. E mi sembra di non desiderare altro che avervi sempre così vicini!

 

https://danielaalibrandi.wordpress.com/category/dove-acquistare-i-miei-libri/

                                 

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LE NEWS

Dedicato alle donne che hanno visto svanire la gioventu’ e sfiorire la propria bellezza


C’ERA UNA VOLTA UNA DONNA BELLISSIMA

“C’era una volta una donna bellissima, dai lunghi capelli neri e due occhi talmente grandi che guardandoli si riusciva persino a entrare nella sua anima. Il suo sorriso era una brezza che raggiungeva il cuore, le sue mani morbide carezzavano in modo sublime e le sue labbra si nutrivano di me, baciandomi.” Il suo profumo pervadeva tutta la casa e le ninne che mi cantava continuavano a cullare i miei sogni, fino al mattino. Era bello stare con lei, insieme vedevamo sorgere il sole, trascorrere il giorno e giungere la notte, sempre vicine. Le pappe, le nenie, l’odore del suo latte, le favole che parlavano di un mondo lontano, ma che lei riusciva a rendere vicino e possibile. Inebriante era scoprire che l’Universo, attraverso i suoi occhi, era un orizzonte luminoso dove tutti i nostri desideri si sarebbero potuti realizzare. Un rincorrersi infinito di fate e di gnomi che sembravano materializzarsi, rendendoci parte della loro infallibile magia. E la donna bellissima, meravigliosa volgeva il suo sguardo felice a me e al mio crescere armonioso.

Tutto questo festoso entrare in innumerevoli castelli incantati, si fermò nel giorno in cui una strega cattiva fece sì che vedessi la donna bellissima, ancora prima dell’alba, pronta a uscire, indossando un grembiule grigio e con i lunghi capelli raccolti in una cuffia bianca.

“Dove vai?” stentai, cercando di far uscire le mie prime sillabe, una domanda che lei intuì solo dal mio sguardo di infante.

Era bellissima quella donna, anche con il grembiule che mortificava le sue forme e la cuffia che nascondeva la sua folta chioma. Mi rivolse un sorriso, meno vibrante di quelli a cui ero abituata, quasi triste.

“Sei grande ora, io torno in fabbrica, tra poco viene la vicina”. Un bacio veloce e leggero sulla mia fronte impallidita. Sola, mi lasciava sola senza più magie da creare! Tentai a lungo di richiamare le mie amiche fate, per far realizzare l’unico desiderio che sentivo crescere a dismisura in me, quello cioè di averla ancora vicina. I castelli incantati erano crollati sotto i colpi di quell’unica realtà, lei andava al lavoro, anche se io non ero grande, non parlavo ancora e non sapevo neppure nutrirmi. E doveva farlo per darmi da vivere. Così giorno dopo giorno, ogni mattina, senza pietà, prima dell’alba lei doveva lasciare il caldo del nostro letto e anche se pioveva o nevicava, oppure tuonava forte, lei doveva andare e nei suoi occhi senza futuro si vedevano le lacrime che non sarebbero mai uscite. Io temevo che non sarebbe più tornata a scaldare le mie notti.

“Quando torni?”

Uno sguardo furtivo, senza più sorridermi.

“Presto, molto presto!” Ma presto non era mai, anzi gli orari si allungavano, c’era la crisi, bisognava lavorare di più per non perdere quel niente che si aveva. Quando c’era lei era solo notte, non vidi più i raggi del sole filtrare attraverso i suoi capelli, che ora erano corti e più radi. La pelle morbida e radiosa, che io ricordavo, si avvizziva ogni giorno di più e i suoi occhi non erano poi così immensi. La sera riusciva a cantare solo una strofa delle mie ninne, perché lei era stanca. Il suo profumo era sparito e dalle sue mani, con la pelle ormai ruvida e martoriata, si indovinava solo il terribile olezzo della trielina.

Povera donna bellissima! Nella fabbrica di ottica le avevano assegnato il lavoro più difficile. Le lenti di vetro arrivavano su di un nastro che scorreva veloce, una dopo l’altra e lei, veloce più di loro, doveva lavarle nella trielina, collaudarle alla luce di una lampada, preparare la scatoletta di cartone e incartare ogni lente, tutto prima che arrivasse quella successiva. Se lei non avesse compiuto tutti quei gesti in pochi secondi, la lente in arrivo sarebbe caduta in terra e l’avrebbe dovuta pagare lei, con il suo già misero salario. Sarebbe mai potuta tornare ad essere bellissima quella donna? Disperata mi dicevo che no, non le sarebbe più stato possibile. Ora era soffocata dal tanfo della trielina e aveva gli occhi perennemente arrossati a causa degli acidi, i cui vapori invadevano tutto l’ambiente dove lavorava.

Crescevo e mi ponevo molti interrogativi. A volte, mentre mangiavo ciò che lei mi cucinava, trovavo il momento opportuno per farle delle domande:

“Al lavoro non usi i guanti?”

Lei mi guardava nel modo dolce che me la faceva riconoscere.

 “All’inizio me li hanno dati, ma con l’utilizzo degli acidi si sono presto consumati e ce ne volevano altri, che la ditta non forniva. Ridotti in quel modo non mi facevano avere la necessaria presa sulle lenti e, dopo che me ne erano scivolate alcune, che ho dovuto ripagare io, non li ho più usati”.

 Intanto stava sfornando un dolce alle mele, me lo cucinava sempre la domenica, così avrei avuto la colazione per tutta la settimana. Non avevo il coraggio di dirle che alla fine degli avidi bocconi, mentre schiacciavo tra i denti i pinoli e le mele, sentivo sempre aleggiare nell’aria quell’alito inconfondibile e nauseante, amaro e mortale di trielina, che inspiegabilmente aveva invaso anche casa nostra.

“Hai sempre gli occhi rossi, non puoi proteggerli?” chiedevo fissando dritta il suo sguardo stanco. Rifletteva mentre, con un sorriso spento rispondeva:

 “Sì, all’inizio usavo una mascherina di plastica, che si è rigata presto e, collaudando le lenti, devo essere certa che su di esse non ci siano venature, così non l’ho più utilizzata”. Le sue risposte mi ferivano, perché erano logiche, ma terribili. Per poter assicurare il suo lavoro era costretta a non difendersi dalle insidie degli elementi che la circondavano, era come percorrere un cerchio dal quale non si usciva mai.

Intanto io vedevo lei, il mio unico bene, sfiorire mentre immolava la sua gioventù e la sua bellezza su quell’altare pagano che era la produzione, una catena di montaggio infinita che, se misurata in tutta la sua lunghezza, avrebbe steso un nastro cigolante dalla terra fino alla luna. Il lavoro che schiacciava, senza soddisfazione per chi lo compiva, inteso come unico mezzo per sopravvivere.

Era dolce quella donna, mentre cuciva nella notte tra il sabato e la domenica qualcosa per vestirci.

“Tu devi studiare, i soldi ci servono per acquistare i libri, non avrai la mia stessa vita!” mi diceva con un guizzo di orgoglio che le illuminava, distendendoli, i lineamenti contratti e inumidiva di emozione il suo sguardo “Tu avrai un uomo che ti rispetterà e ti sposerà, non come me che sono stata usata e lasciata sola!”

“Chi era mio padre, mamma?” ebbi il coraggio di chiedere una volta alla donna che era un tempo bellissima.

Tossendo, distoglieva lo sguardo dal cucito e sorrideva come persa in un sogno.

“Era bello, aveva i capelli rossi e gli occhi verdi come te e le lentiggini sparse su tutto il corpo, come quelle che hai sul nasino”. Era ancora innamorata la mia mamma, si vedeva da come parlava di quell’uomo di cui non mi voleva dire altro. Era alto, magro, buono, dove avrei potuto vederlo, almeno per una volta? Queste erano le domande che lei, con uno sguardo fermo e fiero, mi imponeva di non farle.

C’era una volta una donna bellissima, dagli occhi enormi che a guardarli si entrava nella sua anima. Un giorno in quegli occhi entrò qualcosa che non avrebbe mai dovuto raggiungerli, una raffica implacabile di frammenti di vetro sparati dal sistema automatico impazzito. Seduta accanto a lei nella corsia d’ospedale, mentre le tenevo la mano sentivo che piangeva e la sua disperazione non era solo per ciò che le era capitato, ma per il sogno che doveva abbandonare e che mi riguardava. Era come se nella realtà che le si prospettava, nella quale forse non avrebbe più potuto vedere, l’unica cosa che le doleva non poter osservare erano le immagini che riguardavano il mio futuro, così come l’aveva sognato lei. Tossiva e piangeva e la mia mano stretta alla sua non faceva altro che peggiorare la sua tristezza.

Non vivrà a lungo la mia donna bellissima, me lo ha detto oggi il dottore. Quella tosse è dovuta ai danni riportati dai suoi polmoni, esposti per troppo tempo agli acidi e alla polvere di vetro.

“Non c’erano i filtri nella fabbrica dove lavorava sua madre?”

“No, funzionavano dei ventilatori, così mi ha sempre detto, ma la polvere di vetro ricopriva tutti i tavoli, anche quello dove mangiava insieme agli altri operai, vicino alla catena di montaggio!”

“Purtroppo i ventilatori non sono stati sufficienti, mi dispiace!”.

“C’era una volta una ragazza carina, con i capelli rossi, gli occhi verdi e le efelidi sul naso, che aveva creduto un tempo agli gnomi e alle fate. Un giorno prima dell’alba, mentre fuori tuonava, chiuse i suoi libri in un cassetto, dove di solito si ripongono i sogni. Lentamente indossò un grembiule grigio, nascose nella cuffia bianca i suoi riccioli ramati, gettò uno sguardo al letto caldo che, sfatto, l’avrebbe attesa fino a tarda notte, aprì la porta e uscì sotto la pioggia.”

                      *   *   *

Questo racconto ha partecipato a un impoprtante concorso letterario nazionale, organizzato dall’INAIL, che riguardava la sicurezza sul lavoro delle donne. E’ stato pubblicato su molte riviste tra cui l’Ortica del Venerdì e un mensile della RAI. Fa parte dell’Antologia “I doni della mente”

I doni della mente” in ebook e libro cartaceo

 

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I MIEI LIBRI, LE NEWS

I miei libri, alcuni anche in edizione inglese

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C’era una volta una donna bellissima


C’ERA UNA VOLTA UNA DONNA BELLISSIMA

C’era una volta una donna bellissima, dai lunghi capelli neri e due occhi talmente grandi che guardandoli si riusciva persino a entrare nella sua anima. Il suo sorriso era una brezza che raggiungeva il cuore, le sue mani morbide carezzavano in modo sublime e le sue labbra si nutrivano di me, baciandomi. Il suo profumo pervadeva tutta la casa e le ninne che mi cantava continuavano a cullare i miei sogni, fino al mattino. Era bello stare con lei, insieme vedevamo sorgere il sole, trascorrere il giorno e giungere la notte, sempre vicine. Le pappe, le nenie, l’odore del suo latte, le favole che parlavano di un mondo lontano, ma che lei riusciva a rendere vicino e possibile. Inebriante era scoprire che l’Universo, attraverso i suoi occhi, era un orizzonte luminoso dove tutti i nostri desideri si sarebbero potuti realizzare. Un rincorrersi infinito di fate e di gnomi che sembravano materializzarsi, rendendoci parte della loro infallibile magia. E la donna bellissima, meravigliosa volgeva il suo sguardo felice a me e al mio crescere  armonioso.

Tutto questo festoso entrare in innumerevoli castelli incantati, si fermò nel giorno in cui una strega cattiva fece sì che vedessi la donna bellissima, ancora prima dell’alba, pronta a uscire, indossando un grembiule grigio e con i lunghi capelli raccolti in una cuffia bianca.

“Dove vai?” stentai, cercando di far uscire le mie prime sillabe, una domanda che lei intuì solo dal mio sguardo di infante.

Era bellissima quella donna, anche con il grembiule che mortificava le sue forme e la cuffia che nascondeva la sua folta chioma. Mi rivolse un sorriso, meno vibrante di quelli a cui ero abituata, quasi triste.

“Sei grande ora, io torno in fabbrica, tra poco viene la vicina”. Un bacio veloce e leggero sulla mia fronte impallidita. Sola, mi lasciava sola senza più magie da creare! Tentai a lungo di richiamare le mie amiche fate, per far realizzare l’unico desiderio che sentivo crescere a dismisura in me, quello cioè di averla ancora vicina. I castelli incantati erano crollati sotto i colpi di quell’unica realtà, lei andava al lavoro, anche se io non ero grande, non parlavo ancora e non sapevo neppure nutrirmi. E doveva farlo per darmi da vivere. Così giorno dopo giorno, ogni mattina, senza pietà, prima dell’alba lei doveva lasciare il caldo del nostro letto e anche se pioveva o nevicava, oppure tuonava forte, lei doveva andare e nei suoi occhi senza futuro si vedevano le lacrime che non sarebbero mai uscite. Io temevo che non sarebbe più tornata a scaldare le mie notti.

“Quando torni?”

Uno sguardo furtivo, senza più sorridermi.

“Presto, molto presto!” Ma presto non era mai, anzi gli orari si allungavano, c’era la crisi, bisognava lavorare di più per non perdere quel niente che si aveva. Quando c’era lei era solo notte, non vidi più i raggi del sole filtrare attraverso i suoi capelli, che ora erano corti e più radi. La pelle morbida e radiosa, che io ricordavo, si avvizziva ogni giorno di più e i suoi occhi non erano poi così immensi. La sera riusciva a cantare solo una strofa delle mie ninne, perché lei era stanca. Il suo profumo era sparito e dalle sue mani, con la pelle ormai ruvida e martoriata, si indovinava solo il terribile olezzo della trielina.

Povera donna bellissima! Nella fabbrica di ottica le avevano assegnato il lavoro più difficile. Le lenti di vetro arrivavano su di un nastro che scorreva veloce, una dopo l’altra e lei, veloce più di loro, doveva lavarle nella trielina, collaudarle alla luce di una lampada, preparare la scatoletta di cartone e incartare ogni lente, tutto prima che arrivasse quella successiva. Se lei non avesse compiuto tutti quei gesti in pochi secondi, la lente in arrivo sarebbe caduta in terra e l’avrebbe dovuta pagare lei, con il suo già misero salario. Sarebbe mai potuta tornare ad essere bellissima quella donna? Disperata mi dicevo che no, non le sarebbe più stato possibile. Ora era soffocata dal tanfo della trielina e aveva gli occhi perennemente arrossati a causa degli acidi, i cui vapori invadevano tutto l’ambiente dove lavorava.

Crescevo e mi ponevo molti interrogativi. A volte, mentre mangiavo ciò che lei mi cucinava, trovavo il momento opportuno per farle delle domande:

“Al lavoro non usi i guanti?”

Lei mi guardava nel modo dolce che me la faceva riconoscere.

 “All’inizio me li hanno dati, ma con l’utilizzo degli acidi si sono presto consumati e ce ne volevano altri, che la ditta non forniva. Ridotti in quel modo non mi facevano avere la necessaria presa sulle lenti e, dopo che me ne erano scivolate alcune, che ho dovuto ripagare io, non li ho più usati”.

 Intanto stava sfornando un dolce alle mele, me lo cucinava sempre la domenica, così avrei avuto la colazione per tutta la settimana. Non avevo il coraggio di dirle che alla fine degli avidi bocconi, mentre schiacciavo tra i denti i pinoli e le mele, sentivo sempre aleggiare nell’aria quell’alito inconfondibile e nauseante, amaro e mortale di trielina, che inspiegabilmente aveva invaso anche casa nostra.

”Hai sempre gli occhi rossi, non puoi proteggerli?” chiedevo fissando dritta il suo sguardo stanco. Rifletteva mentre, con un sorriso spento rispondeva:

 “Sì, all’inizio usavo una mascherina di plastica, che si è rigata presto e, collaudando le lenti, devo essere certa che  su di esse non ci siano venature, così non l’ho più utilizzata”. Le sue risposte mi ferivano, perché erano logiche, ma terribili. Per poter assicurare il suo lavoro era costretta a non difendersi dalle insidie degli elementi che la circondavano, era come percorrere un cerchio dal quale non si usciva mai.

Intanto io vedevo lei, il mio unico bene, sfiorire mentre immolava la sua gioventù e la sua bellezza su quell’altare pagano che era la produzione, una catena di montaggio infinita che, se misurata in tutta la sua lunghezza, avrebbe steso un nastro cigolante dalla terra fino alla luna. Il lavoro che schiacciava, senza soddisfazione per chi lo compiva, inteso come unico mezzo per sopravvivere.

Era dolce quella donna, mentre cuciva nella notte tra il sabato e la domenica qualcosa per vestirci.

“Tu devi studiare, i soldi ci servono per acquistare i libri, non avrai la mia stessa vita!” mi diceva con un guizzo di orgoglio che le illuminava, distendendoli, i lineamenti contratti e inumidiva di emozione il suo sguardo “Tu avrai un uomo che ti rispetterà e ti sposerà, non come me che sono stata usata e lasciata sola!”

“Chi era mio padre, mamma?” ebbi il coraggio di chiedere una volta alla donna che era un tempo bellissima.

Tossendo, distoglieva lo sguardo dal cucito e sorrideva come persa in un sogno.

“Era bello, aveva i capelli rossi e gli occhi verdi come te e le lentiggini sparse su tutto il corpo, come quelle che hai sul nasino”. Era ancora innamorata la mia mamma, si vedeva da come parlava di quell’uomo di cui non mi voleva dire altro. Era alto, magro, buono, dove avrei potuto vederlo, almeno per una volta? Queste erano le domande che lei, con uno sguardo fermo e fiero, mi imponeva di non farle.

C’era una volta una donna bellissima, dagli occhi enormi che a guardarli si entrava nella sua anima. Un giorno in quegli occhi entrò qualcosa che non avrebbe mai dovuto raggiungerli, una raffica implacabile di frammenti di vetro sparati dal sistema automatico impazzito. Seduta accanto a lei nella corsia d’ospedale, mentre le tenevo la mano sentivo che piangeva e la sua disperazione non era solo per ciò che le era capitato, ma per il sogno che doveva abbandonare e che mi riguardava. Era come se nella realtà che le si prospettava, nella quale forse non avrebbe più potuto vedere, l’unica cosa che le doleva non poter osservare erano le immagini che riguardavano il mio futuro, così come l’aveva sognato lei. Tossiva e piangeva e la mia mano stretta alla sua non faceva altro che peggiorare la sua tristezza.

Non vivrà a lungo la mia donna bellissima, me lo ha detto oggi il dottore. Quella tosse è dovuta ai danni riportati dai suoi polmoni, esposti per troppo tempo agli acidi e alla polvere di vetro.

“Non c’erano i filtri nella fabbrica dove lavorava sua madre?”

“No, funzionavano dei ventilatori, così mi ha sempre detto, ma la polvere di vetro ricopriva tutti i tavoli, anche quello dove mangiava insieme agli altri operai, vicino alla catena di montaggio!”

“Purtroppo i ventilatori non sono stati sufficienti, mi dispiace!”.

C’era una volta una ragazza carina, con i capelli rossi, gli occhi verdi e le efelidi sul naso, che aveva creduto un tempo agli gnomi e alle fate. Un giorno prima dell’alba, mentre fuori tuonava, chiuse i suoi libri in un cassetto, dove di solito si ripongono i sogni. Lentamente indossò un grembiule grigio, nascose nella cuffia bianca i suoi riccioli ramati, gettò uno sguardo al letto caldo che, sfatto, l’avrebbe attesa fino a tarda notte, aprì la porta e uscì sotto la pioggia.

                                                                                                                                                              Daniela Alibrandi

 

     Il racconto, pubblicato su una rivista della RAI e da vari settimanali, tra cui’Ortica del Venerdì, fa parte della raccolta “I doni della mente”

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I Miei Racconti, LE NEWS

“I Suoi Passi Leggeri”, per non dimenticare


             I SUOI PASSI LEGGERI

Racconto Finalista al Concorso Letterario Nazionale            “La Memoria”

Non mi è mai piaciuto mio nonno, dico sul serio. Anzi per la verità non sono mai riuscito a soffrire la sua presenza dentro casa nostra. La nota stonata che trasformava la melodia della nostra vita familiare in una nenia tediosa che non si aveva voglia di ascoltare. Eppure non c’era nulla da fare, nonostante avessi più volte manifestato la mia insofferenza a quella presenza pesante e deprimente, tutta la mia famiglia si univa compatta dalla sua parte, lasciandomi solo. Mi chiedevo perché mai i miei genitori nutrissero devozione verso quel rottame umano che minava la nostra serenità. Mio padre era aperto a ogni dialogo con me e mio fratello più piccolo e la comprensione che mia madre aveva nei nostri confronti era infinita. Sì, ma non per ciò che riguardava l’argomento nonno. Così io capii ben presto che era inutile insistere. Avrei dovuto sopportare quell’uomo con i suoi occhi affossati e cerchiati di nero e quel viso deformato da una paresi che gli torceva la bocca, dai lati della quale colava sempre un po’di saliva, e la cui smorfia lasciava intravedere i resti ingialliti della sua antica dentatura. Avrei ancora dovuto vedere i suoi capelli ricci, candidi e radi, che stanchi ricadevano sulla sua fronte segnata. Tutto di lui mi inquietava, odiavo il suo odore di vecchio, detestavo le sue mani macchiate e rugose al punto da non riuscire più a mangiare il pane se solo lo aveva toccato. E infine quel numero marchiato all’interno del suo polso 12956, con un inchiostro blu, ancora nitido tanto da contrastare con la sua pelle quasi trasparente, come un livido che non se ne sarebbe mai andato. Insomma io odiavo quel suo essere ebreo. Mi ricordavo di lui così da sempre, vecchio e impaurito, irrimediabilmente ferito dal destino che gli aveva tolto tutto, ma con un guizzo nello sguardo intriso di antico orgoglio, pervaso dalla strana consapevolezza di appartenere a tradizioni e storie impossibili da soffocare, nonostante tutto. Il suo inspiegabile orgoglio di essere ebreo.

I miei ricordi di bimbo mi riportavano a quando lui mangiava ancora con noi e, durante la cena che precedeva lo Yom Kippur, era a lui che veniva affidato il compito di tagliare il pane e la carne. Lo studio della Torah e la solennità di quei festeggiamenti non facevano per me, così come tutto ciò che in quella cornice veniva perpetrato. Nonostante tutti considerassero la nostra somiglianza, tanto nei lineamenti quanto nel modo di fare, un grande dono ricevuto da Dio, io crescendo maturai l’assoluta convinzione di essere completamente diverso da lui. Mi resi conto di non sentirmi un ebreo. Immancabilmente, alla fine delle feste, delle giornate passate in sinagoga io mi sentivo un estraneo. Questo stato d’animo non era giustificato né compreso dai familiari, parenti e amici, che all’inizio cercarono in tutti i modi di risvegliare in me l’orgoglio delle origini. Volevano indurmi alla rassegnazione di essere nato ebreo, senza riuscirvi. Gli anni passavano e il rancore verso la mia condizione cresceva, allontanandomi da tutti.

Arrivò poi il tempo nel quale mio nonno abbandonò l’abitudine di mangiare insieme a noi e scivolò in un oblio senza fine. Nella sua mente tutti coloro che frequentavano la nostra casa erano delle spie pronte a denunciarlo ai nazisti. Io capii che era giusto così, che si isolasse a mangiare da solo in camera sua, in una volontaria prigionia, uscendo da lì solo di notte, per compiere innumerevoli volte lo stesso percorso nel corridoio, dalla sua camera alla cucina, poi al bagno e indietro alla sua camera. Era giusto che si fosse finalmente tolto dalla mia vista. I suoi passi si trascinavano nel corridoio, di notte, cadenzati come se i piedi fossero stati legati da una pesante catena, e rimbombavano nella mia mente, finendo poi per cullare i miei sogni.

Per molti anni quello fu l’unico contatto che restò tra noi due. Finché arrivò il giorno in cui invitai gli amici a fare i compiti a casa e lui riuscì a metterli in fuga, uscendo dall’esilio della sua stanza con coraggio inaspettato. Gridava che erano tutti spie e che ci avrebbero denunciati. Mi sono vergognato terribilmente nel vedere i miei amici andar via di corsa, spaventati da quel pazzo piombato nella nostra allegria con il suo delirio persecutorio. Avrei voluto piangere e gridargli finalmente di uscire dal mio mondo, ma il patriarca non si poteva toccare.

“Bisogna avere pazienza!” mi ripeteva mia madre “Tuo nonno ha sofferto tanto e lo ha fatto anche per noi. Tutti loro, in quei campi di sterminio, si sono immolati per noi”.

Non rispondevo, non osavo dirle che non provavo alcuna riconoscenza per un sacrificio collettivo che sicuramente non era stato fatto per me. Anzi, con il passare del tempo, sentivo che ogni goccia del mio sangue smentiva la mia appartenenza alla razza ebrea. Il mio Dna parlava di storie completamente diverse da quella che voleva raccontare sempre lui, con i suoi occhi persi nel vuoto, quella smorfia indelebile e quel maledetto numero 12956, che si leggeva chiaramente mentre agitava per aria il braccio, nell’intento di cacciare le spie immaginarie. Che razza di uomo poteva essere mai stato uno che, come lui, aveva permesso che gli portassero via la moglie e il figlio, senza far nulla, un uomo che si era fatto marchiare a fuoco come fosse la pecora di un gregge? Che razza di uomo era mio nonno per non essere riuscito a fermarli? E cosa voleva ora da me con le sue grida biascicate all’indirizzo dei miei amici, della mia vita che nulla avrebbe avuto in comune con la sua? Mi specchiavo e riconoscevo nei miei lineamenti e nei miei muscoli la forza, l’onnipotenza che solo i giovani riescono a provare.

Io sì che avrei saputo come fare. Mi ostinavo a non credere a quel che veniva raccontato del passato, detto sul presente e immaginato nel futuro, descritto con la rassegnazione di chi sa che nel proprio destino ci saranno inevitabilmente nuove persecuzioni, altri stermini. Niente di tutto ciò sarebbe mai accaduto a me. Mi rifiutai di frequentare ragazze ebree, come cercavano di indurmi a fare i miei, e provai a inserirmi in ambienti diversi. Non avrei mai formato una famiglia che potesse essere oggetto di persecuzione, non avrei mai creato i presupposti per essere marchiato a fuoco. Tagliai a zero i miei capelli ricci, disertai la sinagoga, evitai di indossare la Kippà. Cercai perfino di nascondere il mio naso camuso spingendo sin sulla punta le pesanti lenti Ray-Ban, che lo mascheravano con la loro ombra. Finché mi sembrò di non avere più alcuna caratteristica riconducibile agli ebrei. La mia vita l’avevo già pianificata contro ogni aspettativa dei miei parenti. Mi sarei trasferito negli Stati Uniti, in qualsiasi luogo dove un ebreo è solamente un essere umano, mi sarei laureato in legge e avrei sposato una ragazza americana, affogando nell’incontro con altri Dna le mie origini e il destino nefasto della mia gente. E mi piaceva fantasticare sul mio futuro affacciato alle finestre della mia stanza, in questo grande appartamento non lontano dal ghetto, la cui veduta spazia sul lento corso del Tevere e da cui è sempre visibile il tetto della sinagoga, illuminato dal sole o bagnato dalla pioggia, sempre muta testimonianza a ricordarmi che io sono un ebreo

Sono passati gli anni e ho messo in atto tutti i miei progetti. Ho preso contatti con l’università di Boston e a settembre inizierò il corso di studi che desideravo seguire. In tasca ho il biglietto del volo Pan Am, che mi porterà via da qui dopodomani. La novità è che l’altro ieri mio nonno è morto, vecchissimo, nel sonno. Ce ne siamo accorti perché nessuno di noi aveva udito, come ogni notte, i suoi passi terrorizzati andare su e giù per il corridoio. Non ho provato nulla se non la beffa che ci avesse lasciati proprio quando anch’io avevo finalmente deciso di andarmene. Mio padre ha voluto che venisse deposto nella bara in modo che fosse visibile, sul suo polso ormai scheletrico, il numero 12956, quasi un ammonimento gridato alle tenebre dell’aldilà. Non ho voluto neanche salutarlo per l’ultima volta mio nonno. Ho solo sostato nel corridoio ormai solcato dai suoi passi, in attesa che chiudessero la bara e lo portassero via. L’eco dei singhiozzi degli altri si è perso nella mia mente cinica. Al ritorno dal funerale, forse proprio per il distacco che ho sempre dimostrato nei suoi confronti, mi è stato affidato il compito di mettere ordine tra le cose che ha lasciato, per impacchettare tutto ciò che potrà essere gettato via.

Nella sua camera si percepisce ancora il suo odore, che trovo invariabilmente insopportabile. Sul letto c’è solo il materasso, le lenzuola sono state tolte. Questo silenzio non mi fa alcun effetto. Voglio fare in fretta, farò il pacco delle cose da eliminare e poi andrò a chiudere le mie valige. Stamattina, durante il funerale, è piovuto forte. Un temporale estivo che ha lasciato il posto all’afa. Dalle finestre si vede, ancora meglio che da quelle della mia stanza, il tetto della sinagoga che riflette da un lato il sole e dall’altro le poche nuvole grigie che si allontanano dalla città. Quello strano tetto mi sembra un enigmatico specchio che riflette solo ciò che si vuol vedere. Lascio la finestra aperta e inizio a rovistare nell’armadio, notando che la roba da selezionare è veramente poca. Qualche vestito, alcune maglie di lana, varie Kippà, un candelabro poggiato alla parete interna dell’armadio. Secondo i racconti di mio padre, prima della guerra la loro era stata una famiglia ricca e la professione di orafo, che mio nonno aveva ereditato dal padre, rendeva bene. Quando i nazisti chiesero l’oro agli ebrei romani in cambio della loro libertà, mio nonno convinse un gran numero di persone a donarlo e lui stesso si spogliò della quasi totalità dei suoi averi. Era convinto che sarebbe stato in grado di ricominciare quando l’assurdità della guerra fosse terminata. L’importante era che lasciassero in pace lui e la sua famiglia, cioè sua moglie Ester e suo figlio Davide di sette anni, mio padre. Ma poi, come sappiamo tutti, non fu così e in una notte d’autunno, nell’ottobre del ’43, caddero nella retata dei nazisti come gran parte degli ebrei romani, per essere poi deportati ad Auschwitz, da cui mia nonna Ester non tornò più. Per lo strano concatenarsi di eventi che a volte separa la vita dalla morte, mio padre fu affidato a una loro vicina che, eludendo la sorveglianza dei nazisti, lo portò in salvo insieme ad altri due bambini, nel vicino convento di San Bartolomeo. Solo dopo molto tempo dalla fine della guerra mio nonno riuscì a riabbracciare suo figlio e, da quel momento, non lo lasciò mai più, neanche dopo il suo matrimonio con mia madre. Neppure di fronte a questi ricordi riesco a impietosirmi. Io, ne sono certo, avrei fatto ben altro, avrei usato diversamente i miei soldi, magari pagando la fuga molto prima, né sarei caduto nel tranello delle iene naziste. Mi riparo gli occhi dalla luce infuocata del tramonto che, riflessa dal tetto della sinagoga, si riversa in questa stanza.

Accidenti è quasi sera, debbo sbrigarmi! Nel fondo dell’armadio vedo piegati un paio di pantaloni, al cui tatto si riconosce la fatturazione di ottima lana, anche se sono orribilmente logori. Li spiego per vederli meglio e dall’interno cade un foglio di carta. E’ una pagina di quaderno a righe, ingiallito, anche se restano intatte le righe azzurre orizzontali e quelle rosse del margine verticale. Sembra un foglio da prima elementare, ma la calligrafia è di una persona adulta. Mi siedo sul bordo del letto e cerco di decifrare ciò che vi è scritto, poiché in alcuni punti l’inchiostro sembra essersi bagnato:

 “Caro amore, ti scrivo ciò che non riesco a dirti guardandoti negli occhi. Sono incinta di otto settimane. So che all’inizio avrai paura per questa notizia, l’ho avuta anch’io. Ma dopo la prima impressione, cerca di esserne felice come lo sono io. Vedrai, la guerra passerà, tutto ciò finirà e noi avremo la gioia di una famiglia completa. Sono sicura che sarà una bambina e la sua vita già cresce con forza dentro di me, lasciandomi stupita. Stavolta sarò più brava, non piangerò come mi succedeva quando aspettavo Davide, Sai, quella tristezza viene solo alla prima gravidanza. Caro amore, vedrai che noi ce la faremo! Ti amo tanto Ester”.

Sono seduto sul letto eppure mi sembra di scivolare giù da una montagna. Guardo la data, ma è illeggibile. Si vede bene solo l’anno, il 1943. All’improvviso sento vacillare tutto il mio mondo e le mie difese. Un martello inizia a battere nella mia mente e a ogni colpo mi sembra di vedere quel numero 12956, 12956 conficcarsi nei miei pensieri, squarciando i miei giudizi, le mie convinzioni. Le ultime luci del tramonto carezzano il mio volto e vedo delle gocce umide cadere sul foglio. Non è possibile, sono le mie lacrime. Insomma, cosa mi sta accadendo? Separo il foglio di carta dalle cose che dovranno essere gettate e preso da un’incomprensibile smania frugo ancora in quel lacero pantalone. Dalla tasca esce un pezzo di carta, sembra carta da pacchi, stropicciata e sbiadita. Riconosco la stessa calligrafia:

Caro amore, spero che ti verrà recapitato questo mio scritto da Ines, che può raggiungere la tua baracca. Io vado avanti e cerco solamente di pensare che Davide è salvo e lontano da qui. Non ti preoccupare per me, abbi solamente cura di te. Stanotte ho sentito muovere la bambina per la prima volta! Ti amo tanto Ester”.

Sento di avere tra le dita un inestimabile tesoro, ho addirittura paura ad adagiarlo sul materasso. Lo infilo delicatamente nella tasca dei pantaloni, da cui scivola in terra il mio biglietto aereo. E’ l’ultimo messaggio intriso d’amore scritto da una piccola donna indifesa, che avrebbe fatto la “doccia  mortale” di lì a pochi giorni. Mi sembra di vederla muovere i suoi passi leggeri, col ventre appena rigonfio e i pensieri concentrati sui movimenti della creatura che porta in grembo, mentre ignara si avvia verso la camera a gas. Mi sembra di sentirli nel corridoio di casa quei passi leggeri, confondersi con quelli terrorizzati dell’uomo che lei amava così tanto. Mi sdraio, immobile, fissando il soffitto. Ormai è sera e su di esso le cime degli alberi, mosse dalla brezza notturna, compongono delle strane ombre, che mi raccontano un’altra storia e mi mostrano ciò che non ho mai voluto vedere. La gioia e l’amore, la follia e la crudeltà, l’orgoglio, il coraggio e la disperazione. Luci e ombre, vita e morte. Di fuori è notte, me lo dice il bacio della luna riflessa dal tetto della sinagoga. L’odore di mio nonno è svanito nella pura aria notturna ma vorrei tanto, per la prima volta, risentirlo. Scendono ancora silenziose le mie lacrime e io mi chiedo perché non ho mai voluto leggere ciò che mostravano i suoi occhi spenti. Mi sembra che siano passati degli anni invece che poche ore in questa stanza. Sento di essere diverso, finalmente libero dal peso che non mi faceva entrare aria nei polmoni. Respiro profondamente la sensazione che mi pervade e mi scalda. Ora ogni goccia del mio sangue, ogni allele del mio Dna gridano una sola frase, che sento salire con violenza alle labbra. Mi alzo dal letto e vado verso la finestra, per gridare forte le parole che prorompono come lava eruttata da un vulcano. Lo urlo alla luna riflessa dalle acque del Tevere, alla silenziosa sinagoga, agli uccelli notturni che solo ora non temo più. E’ con rabbia impietosa, ma anche con struggente e antico amore che grido:

“ Io resterò!

                                                                ***

Il racconto è stato pubblicato su riviste settimanali, tra cui L’Ortica con la copertina riportata in alto.

Anche La RAI ha dedicato una pubblicaziione a “I suoi passi leggeri”, che fa parte dell’antologia “I doni della mente”, tradotta nell’edizione inglese “The echoes of the soul”.

L’antologia è disponibile al seguente link in ebook e cartaceo:

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I Miei Racconti, LE NEWS

La vera storia della Befana (una favola di ieri per i bambini di oggi)


LA VERA STORIA DELLA BEFANA 

I disegni c’erano, ma il testo no. Mi hanno chiesto di inventare una favola per i più piccoli nel giro di ventiquattro ore. Ci sono riuscita in una notte.

(Il racconto è stato pubblicato in vari settimanali e in una pubblicazione della RAI)

Foto  del settimanale  “L’Ortica del Venerdì”

Silvia era rientrata da poco a casa. Si era fatto tardi come sempre e lei si sentiva molto stanca. Ma era la sera del cinque gennaio e sapeva che i suoi figli aspettavano in quella notte, come tanti altri bambini, l’arrivo della Befana.

La casa era fredda e lei corse subito ad accendere il camino. I ciocchi di legna erano talmente umidi che non riuscivano a prendere fuoco. Alla fine, aiutandosi con una ventola Silvia vide che la legna iniziava a scoppiettare. Era ora di mettere su la minestra per i suoi piccoli, che stavano per tornare. Erano andati ad acquistare le calze da appendere sotto al camino. Robertino, Giulia e Giovannina rientrarono di lì a poco.

“Ciao mamma, guarda cosa abbiamo comperato?” disse Giovannina, la più piccola alzando le manine e mostrando una calza rosa a strisce bianche. Robertino gliela sfilò dalle mani e fece finta di gettarla nel camino.

“No, dammela! Mamma lo vedi è sempre lui!” gridò Giavannina.

“Robertino non mi fare inquietare, ridai immediatamente la calza a tua sorella!” disse Silvia pazientemente. Lui, invece, continuava a correre su e giù per la stanza con quella calzetta in mano, continuando a minacciare di gettarla nel fuoco.

“Uhu!” cominciò a piangere Giovannina, stropicciandosi gli occhi.

“Continua dai, così stanotte la Befana non ti porterà proprio niente!” gli gridò Giulia, la sorella più grande. A quella minaccia Robertino si fermò di colpo e restituì la calza alla sorellina, abbracciandola.

“Non piangere dai, lo sai che io scherzo!”. Giovannina afferrò la calza e ci si asciugò le grosse lacrime, abbozzando un immediato e tenero sorriso.

Ognuno di loro aveva voluto un colore diverso per la propria calza. Mentre quella di Giovannina era rosa a strisce bianche, Giulia ne aveva scelta una rossa a strisce verdi e Robertino una gialla a strisce blu. Tutti e tre, apparentemente tranquilli, andarono a posizionare le calze ai lati del camino.

“Che buon odore di minestra!” disse Robertino, avvicinandosi alla mamma. Silvia carezzò i suoi capelli rossi.

“Tra poco sarà pronto. Apparecchiate la tavola per piacere?”.

“Mamma, io non posso, perché voglio iniziare la ricerca sulla Befana, mi devo mettere un momento al computer, prima di cena” disse Giulia, la più grande, una ragazzina dai capelli neri come la pece.

“Ti aiuto io mamma!” si offrì Giovannina. Era una bimbetta bionda e la mamma si sbizzarriva ancora a pettinarla con la coda o con i ciuffetti ai lati della testa. Faceva tenerezza piccolina com’era, mentre prendeva i piatti che le porgeva la mamma e li andava a posizionare sul tavolo dove ancora non arrivava bene in altezza.

Robertino invece, avendo già dimenticato i buoni propositi, stava dando fastidio a Giulia, mentre lei stampava la cartina geografica di Betlemme.

“Vedi è qui che è nato Gesù” gli disse Giulia, indicandogli un luogo preciso della mappa. Lui vi gettò uno sguardo distratto e tornò a farle un dispetto, mentre lei iniziava a battere sui tasti del computer per scrivere almeno l’inizio della ricerca.

 Le immagini scomparvero dallo schermo.

“Mamma! Lo vedi! E’ sempre lui, guarda, ora come faccio a fare la ricerca!”

“Robertino…BASTA!” gli urlò la mamma e poi rivolta a Giulia:

“Adesso è ora di cena, dai, venite a mangiare. Alla ricerca penseremo domani, ti aiuterò io”. Robertino era elettrizzato, non stava un minuto fermo e anche mentre le sorelle gustavano la zuppa, lui trovava il modo di infastidirle.

“Guarda Robertino che ha ragione Giulia, se continui così la Befana riempirà le loro calze di dolci e di giochi e per te riserverà solo il carbone, è questo che vuoi?” Lui si grattò il naso coperto di lentiggini e per un po’ non disturbò. Silvia ricordò di avere un vecchio libro di favole e pensò che sarebbe stato bello, dopo cena, mettersi sul divano di fronte al camino, e leggere ai figli la fiaba della Befana. Così anche Robertino si sarebbe calmato, finalmente.

Più tardi, seduti davanti al camino che scoppiettava, distesero una coperta che li avvolgeva tutti, mentre la mamma sfogliava il libro di fiabe, che le apparteneva da quando anche lei era una bambina.

“C’era una volta una donna bellissima, che era molto generosa e preparava sempre torte e dolci per donarli a chi lavorava nei boschi. Quando iniziò a vedere sul suo volto delle rughe, cominciò a guardarsi continuamente allo specchio e a evitare la presenza e l’amicizia degli altri. Ma questo non bastava a fermare i segni del tempo su di lei che, isolandosi sempre più e vivendo senza affetti, divenne in breve vecchia.

Anche quando alla sua porta bussarono i tre Re Magi, chiedendole di essere accompagnati da Gesù Bambino, perché dovevano consegnargli dei doni, lei si limitò a indicare loro la direzione della Stella Cometa, ma si rifiutò di accompagnarli”.

Silvia fermò per un attimo la lettura, per guardare i suoi figli che non fiatavano. Giovannina si era già addormentata, Giulia aveva poggiato il capo su quello della sorellina e stava per cedere al sonno, mentre Robertino era vispo e, stando vicino a lei, non fermava il dondolio delle gambe.

“Dai mamma, continua!”disse lui, ansioso di conoscere il finale della fiaba

“Subito dopo la Befana si pentì, si vestì di corsa e cercò di raggiungere i Re Magi, ma non vi riuscì…. Uahh!” Silvia sbadigliò, iniziava a sentire le palpebre pesanti. Anche Robertino aveva fermato quel fastidioso dondolamento e aveva poggiato il capo sulla sua spalla. Dal camino veniva un tepore infinito e anche Silvia si addormentò.

°°°

Fu Robertino il primo a svegliarsi. Aveva sentito un gran rumore provenire dalla cappa del camino. Le sue sorelle e sua madre dormivano beate e lui sgusciò fuori dalla coperta per vedere cosa stava accadendo. Una gran quantità di fuliggine cadde sui ciocchi spegnendoli e, in quel fumo, lui non vide più nulla. Quando la cenere si posò, lui si trovò di fronte una vecchia, con un gran fazzoletto stretto sulla testa, che si poggiava  stanca a una scopa. Lui non riusciva neanche a parlare, portò le mani alla bocca:

“Uh!” fece con meraviglia.

“Ciao, hai sentito parlare di me? Sono la Befana!” Robertino sapeva di essere sempre stato dispettoso e di aver fatto inquietare la mamma, le sorelle e anche le maestre di scuola.

“Sei venuta a darmi il carbone?” le chiese lui, rosso in viso.

“Tu devi essere Robertino, o mi sbaglio?”

“Sì, sono io ed è vero che sono stato cattivo”ammise lui, con aria colpevole.

“Ah!” disse la Befana, andandosi a sedere al tavolo di cucina. Sembrava molto affaticata. Robertino iniziava a sentire meno timore e volle parlarle.

“E’ vero che un tempo eri bellissima?” La Befana sorrise, le mancavano dei denti e sul naso aveva un vistoso neo. Sembrava vestita di stracci. Infilò una mano nella tasca del giacchetto e ne tirò fuori un ritratto.

“Decidi tu se ero bella o no!” e gli mostrò l’immagine di una donna con i capelli lunghi scuri e gli occhi grandi e buoni.

“Wow, accidenti se eri bella, ma cosa ti è successo?”

“Quello che può accadere a tutti, anche a te, sai? Non si deve mai restare da soli, senza amici o affetti. I sentimenti vanno coltivati, come una pianta che va curata e annaffiata, altrimenti avvizzisce”

“Ah, è così che sei diventata vecchia e, posso dirtelo, anche un po’brutta?” La Befana si rabbuiò e rimise il ritratto nella tasca.

“Già, è stato proprio per questo”. Robertino voleva saperne ancora di più.

“La fiaba dice che tu non riuscisti a raggiungere i Re Magi, cosa accadde dopo?”

“Eh, fu un grave errore quello di non seguirli, e iniziai a cercare da sola Gesù Bambino. Dovunque c’era un piccolino io andavo a portare nella notte dei doni, sperando di poter ritrovare Gesù”.

“Che storia! E non l’hai ancora trovato?”

“Fino ad ora no, ma sono tanto stanca, non so per quanto potrò ancora girare e cercarlo… mi vuoi aiutare tu?”

“Io!” rispose Robertino sbalordito “Ma io sono un bambino cattivo”

“Non esistono bambini cattivi, tu sei solo molto vivace e mi serve proprio uno come te”. Robertino ricordò che sua sorella Giulia aveva stampato la cartina geografica di Betlemme, dove era nato Gesù.

“Se vuoi io ti posso aiutare, guarda qui c’è la mappa per trovare Betlemme”. La Befana stava masticando un pezzo di pane che aveva trovato sul tavolo e lo guardava contenta.

“Sì dai, prendila. Tu sali dietro di me sulla scopa e mi indicherai la strada”. Lui guardò la mamma e le sorelle che dormivano. Temeva di lasciarle sole.

“Non ti preoccupare, torneremo prima del loro risveglio” lo rassicurò la Befana “Dai, indossa il giaccone e andiamo”.

Lui fece ciò che gli diceva, salì sulla scopa e si strinse al corpo di quella vecchia.

“Reggiti forte!” gli intimò lei.  La scopa sembrò mettersi in moto e lui sentì che i suoi piedi si sollevavano dal pavimento. Vide che imboccavano il camino strettissimo e, come un tappo di spumante, venivano scagliati lontano nel cielo, fuori dal comignolo.

Il vento liberò la mappa dalla fuliggine che l’aveva sporcata. Ora volavano nella notte fredda e stellata e Robertino guardava i pianeti e gli astri corrergli vicini. Il cielo era talmente limpido che lui avrebbe potuto staccare una stella, se solo avesse avuto il coraggio di allungare una mano. Ma lui non avrebbe mai lasciato la presa. La Befana correva veloce e la luna sembrava una lampada accesa che illuminava ogni cosa. Le luci delle case apparivano sempre più lontane e lui vide scorrere al di sotto montagne, vallate e fiumi. Robertino stringeva la mappa e, senza staccarsi dalla Befana, cercava di aprire un po’la mano per poter riconoscere la via. Quando vide una grande distesa blu gli sembrò che fosse il Mar Mediterraneo. Illuminato dalla luna esso sembrava un grande topazio splendente. Veniva solcato da barconi carichi di persone. Lui riusciva persino a udire delle voci di bimbi:

“Mamma ho sete! Mamma, non ce la faccio più, quando arriviamo!”.

“Chi sono quelli Befana?” chiese incuriosito.

“Sono dei bambini come te, ma più sfortunati. Stanno scappando dalla guerra e dalla fame in cerca di un po’di felicità”.

Robertino vide che il panorama cambiava. Ora si vedevano distese di sabbia, le cui dune sembravano disegnare delle dolci catene montuose. Elefanti e cammelli correvano nella notte. Anche da lì si levavano delle voci di bimbi.

“Mamma, ho fame! Mi fa male la pancia! Mamma non ho più forza”.

“E qui chi vive, Befana?”domandò ancora Robertino, sbalordito.

“Sono altri bambini. Non tutti, sai, hanno la fortuna di vivere come te e le tue sorelle. Ci sono tanti bimbi che soffrono, perché non hanno cibo a sufficienza, né cure mediche. Ecco perché in futuro tu dovrai essere più riflessivo e meno vivace”.

“Befana, siamo quasi a Betlemme!” disse a un tratto lui, guardando bene la mappa.

“Sì, ci siamo, vedo la stella cometa da lontano!” disse la Befana e la scopa accelerò la sua corsa. Di stelle comete, però, se ne vedevano tante e questo era un po’strano. Si sentivano anche dei suoni molto forti provenire da quella parte.

“Sei sicuro che Betlemme sia lì?” gli chiese la Befana.

“La mappa dice così”, rispose lui interdetto. La scopa rallentò, pur mantenendo quella direzione. Le stelle comete arrivavano veloci, ma cadevano facendo un grande fracasso e incendiando ciò che colpivano.

“Non sono stelle comete! Accidenti, queste sono bombe!” disse allarmata la Befana.

“Ho paura Befana! Torniamo indietro!”. Ormai erano in mezzo ai razzi che, fischiando, li sfioravano quasi, mentre loro cercavano di allontanarsi velocemente dalla terra di Gesù. Un suono di sirene prolungato aumentò la loro angoscia. Robertino doveva addirittura gridare per farsi udire dalla vecchia, che riusciva ancora a dribblare tra le bombe.

“Questa è una guerra Befana, voglio tornare da mamma!”

“Hai ragione, ti riporto a casa!” e così dicendo la scopa si impennò e raggiunse una distanza tale da metterli al sicuro. Robertino era sgomento e la Befana esclamò.

“Ecco perché non riuscivo a trovare Gesù. Il motivo è che molti si sono dimenticati di lui! Il mondo non ricorda più quel bimbo che, deposto in una mangiatoia povero e infreddolito, era ricco solo di amore per gli altri!”.

“Già, che tristezza Befana!” disse lui, abbracciando quella vecchia ancora più forte, mentre prendevano la strada del ritorno.

Magicamente Robertino tornò a vedere un paesaggio familiare, mentre rapidamente la scopa rientrava dal comignolo. Giunsero alla base del camino con un grande fracasso.

“E adesso che farai Befana per trovare Gesù?”.

“Forse non ci riuscirò mai. Mi toccherà cercarlo ancora per molto tempo!”

“Eh sì, ho paura  anch’io Befana che dovrai lavorare per molti anni a portare i doni ai bimbi” disse serio Robertino. Lei ci pensò un po’ su e poi disse:

“Ma sì, del resto sai che ti dico? Io cercavo Gesù in ogni bambino, mentre ora ho capito che in ogni bambino c’è Gesù”. Lui sorrise radioso.

°°°

Era mattina quando Robertino si svegliò raggomitolato sotto la coperta insieme alle sorelle e alla mamma. Tutti stavano aprendo gli occhi e sbadigliando. Giulia e Giovannina corsero a vedere le calze appese al camino. Nelle loro trovarono alcuni dolci e dei grandi pezzi di carbone. In quella di Robertino c’era invece un meraviglioso trenino e delle gustose caramelle.

“Guarda mamma, la Befana è stata qui stanotte e ha lasciato anche un bel trenino! Ma per chi sarà?” dissero in coro Giulia e Giovannina.

“E’chiaro, per tutti e tre!” affermò Robertino pieno di entusiasmo “Perché giocassimo insieme senza litigi e dispetti”.

La mamma, meravigliata di sentire parole tanto assennate dal suo piccolo, si voltò verso di lui per abbracciarlo, ma si accorse che era tutto sporco di fuliggine: “Come mai sei ridotto in questo stato, Robertino?” gli chiese allarmata.

Lui non rispose, si avvicinò al vetro appannato della finestra, vi passò una mano e guardò verso i primi raggi di sole. Gli sembrò di vedere controluce l’immagine di una vecchina su una scopa, che svaniva all’orizzonte.

Lui solo sapeva perché.

                                                                      Daniela Alibrandi

 

“La vera storia della Befana” fa parte dell’antologia “I doni della mente”, in ebook e cartaceo, tra i Best Seller di Amazon Italia e in ebook su Kobo.

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LE NEWS

Un Natale ricco di Buone Letture!


A Natale, se potete, orientate la scelta dei regali in modo da alimentare l’interesse per la lettura. La lettura, come la scrittura del resto, rimane una delle forme più alte di libertà. E io aggiungerei l’ultimo baluardo a difesa della creatività, dell’immaginazione e della fantasia. E’ duro confrontarsi con la comoda semplicità dell’utilizzo di chat, Ipad, smartphone e palinsesti televisivi che poco hanno a che fare con la “bellezza assoluta” della lettura di un buon libro.

In fin dei conti sta a noi formare le nuove generazioni, intuire la loro sete di informazioni e portarle all’acquisizione di conoscenze e riflessioni, conseguenti solo a buone letture. Senza ignorare l’utilità dei nuovissimi mezzi di comunicazione, cerchiamo di riportare la sensibilità, la consapevolezza e il sogno in vetta alla scala di valori che tra un bip, una app e le chat, rischiano di perdersi per sempre .

A Natale, quindi amici, regalate un buon libro!

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I MIEI LIBRI

Tutti i miei libri e le loro edizioni inglesi


I MIEI LIBRI:

“Una morte sola non basta”, Del Vecchio Editore, marzo 2016. I critici: “E’un grande romanzo (neo)realista”

 http://www.delvecchioeditore.com/libro/cartaceo/227/una-morte-sola-non-basta

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“Il vaso di Bemberly”, L’Erudita, marchio di Giulio Perrone Editore, maggio 2017.

http://www.lerudita.it/il-vaso-di-bemberly/

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“Un’ombra sul fiume Merrimack” ,Premio Novel Writing 2012, Youcanprint Ediziioni, Amazon, Kobo.

https://www.youcanprint.it/fiction/fiction-generale/unombra-sul-fiume-merrimack-9788891106391.html

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“Quelle strane ragazze”. Una trama che prende dalle prime pagine e non dà tregua, conducendo verso un finale imprevedibile ed emozionante. Il romanzo ha vinto il Premio Perseide 2014 con il titolo “La fontana delle rane”(ora fuori catalogo) e ne rappresenta la versione ampliata e integrale.

http://www.mondadoristore.it/Quelle-strane-ragazze-Daniela-Alibrandi/eai978882781266/

https://www.amazon.it/dp/B07C54B1TB/ref=dp-kindle-redirect?_encoding=UTF8&btkr=1

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“Nessun segno sulla neve”, Premio letterario nazionale Circe 2013, Universo Editoriale.

http://danielaalibrandi.wixsite.com/nessunsegnosullaneve

https://www.amazon.it/NESSUN-SEGNO-SULLA-Nuova-Edizione-ebook/dp/B01M4JNG4V/ref=sr_1_1?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1524841848&sr=1-1&keywords=nessun+segno+sulla+neve&dpID=41S03d1OmUL&preST=_SY445_QL70_&dpSrc=srch

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“Il bimbo di Rachele” Apollo Edizioni 2012, ora Amazon e-book e cartaceo, Kobo.

https://www.amazon.it/BIMBO-RACHELE-Nuova-Edizione/dp/1521011028/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1507650866&sr=1-1&keywords=il+bimbo+di+rachele

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“I doni della mente” Antologia di racconti brevi vincitori di premi letterari nazionali, Amazon, ebook e cartaceo, Kobo.

https://www.amazon.it/DONI-DELLA-MENTE-Racconti-Pensieri/dp/1521363919/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1507651122&sr=1-1&keywords=I+doni+della+mente

LE MIE EDIZIONI INGLESI

“No steps on the snow” (Edizione inglese di “Nessun segno sulla neve”) Amazon ebook e cartaceo.

https://www.amazon.it/STEPS-SNOW-New-Daniela-Alibrandi/dp/1521772983/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=1507651335&sr=8-1

“A shadow on Merrimack River”Novel Writing 2012 (Edizione inglese di “Un’ombra sul fiume merrimack), Amazon

https://www.amazon.it/SHADOW-MERRIMACK-RIVER-English-ebook/dp/B00EU3TOGE/ref=sr_1_1?s=english-books&ie=UTF8&qid=1507651559&sr=1-1&keywords=a+shadow+on+merrimack+river

“Echoes of the soul” (Edizione inglese de “I doni della mente”), Amazon.

https://www.amazon.it/ECHOES-SOUL-Novels-Thoughts-English-ebook/dp/B019QS6AAU/ref=sr_1_8?s=english-books&ie=UTF8&qid=1507651676&sr=1-8&keywords=Echoes+of+the+soul

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Dove acquistare i miei libri, LE NEWS, THE ENGLISH EDITIONS - Edizioni Inglesi

Dove acquistare l’antologia “I DONI DELLA MENTE”


I DONI DELLA MENTE

in versione cartacea:

Nei negozi Amazon di tutto il mondo (it, com, uk…)

https://www.amazon.it/DONI-DELLA-MENTE-Racconti-Pensieri/dp/1521363919/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1496246554&sr=1-1&keywords=i+doni+della+mente

I DONI DELLA MENTE

in versione ebook:

Nei negozi Amazon di tutto il mondo (it, com, uk…)

https://www.amazon.it/DONI-DELLA-MENTE-Racconti-Pensieri-ebook/dp/B019CRTCRI/ref=tmm_kin_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=1546104856&sr=1-4

e anche su Kobo https://www.kobo.com/it/it/ebook/i-doni-della-mente

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ANTOLOGIA DI RACCONTI - I Doni della Mente, LE NEWS

Serata indimenticabile con i miei compagni di liceo


Dopo un incontro con i miei amici di sempre ho scritto uno dei racconti che si possono leggere nel libro “I doni della mente”. Infatti, sotto l’immagine dei Beatles che attraversano Abbey Road c’è tutto il sentimento che in alcuni casi resta indelebile negli anni tra compagni di scuola:

Estratto da La Rimpatriata

Ci siamo ritrovati liberi, inconsciamente interpreti di quel qualcosa che non si accantona mai, riprovando emozioni, risentendo fragranze e aromi, ascoltando ritmi e musiche che, come in un’eco, venivano da lontano e ci pervadevano più forte che mai. Quelle disperazioni, quelle illusioni erano ancora dentro di noi e con forza cacciavano via i difficili anni da grandi.

E’ stato proprio così, sono stata abbracciata, carezzata e coccolata da quelle braccia di uomini e donne, ora grandi, che mi hanno sfiorato come qualcosa di sacro, che non volevano rovinare, ma che erano ansiosi di avvicinare, sentire, rivivere. Nessuno vi ha mai amato più di me, non c’è tipo d’amore così particolare e infinito, amore di piccole persone che cresce insieme a loro in silenzio, senza disturbare, ma che è impossibile arginare….”

Libro:                    

https://www.amazon.it/DONI-DELLA-MENTE-Racconti-Pensieri/dp/1521363919/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1495797019&sr=1-1&keywords=i+doni+della+mente

Ebook:

 

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ANTOLOGIA DI RACCONTI - I Doni della Mente, LE NEWS

“I DONI DELLA MENTE”, adesso è un’antologia cartacea, un libro da sfogliare!


Amici miei, come avevo preannunciato tempo fa, continua la pubblicazione dei miei lavori, quelli che erano disponibili solo in versione ebook, in libri da poter sfogliare e custodire in libreria. Stavolta è il turno dell’Antologia “I doni della mente”, che racchiude i miei racconti brevi con i quali ho avuto l’onore di vincere importanti premi letterari nazionali e altri che sono inediti, insieme a fiabe, poesie e pensieri. E’ una pubblicazione elegante, fornita di ISBN, facilmente ordinabile, disponibile immediatamente e, cosa che non guasta, a un prezzo contenuto. Si può ordinare e riceverla direttamente a casa, oppure scegliere il punto di ritiro per voi più comodo (tra cui anche i numerosi Giunti al Punto).

                         

Di seguito troverete il link ad Amazon Italia, dove ho il piacere di annunciare che il libro è già tra i primi cento Best Seller. L’anteprima invece è presa dal link di Amazon.com. Il libro è ordinable nei negozi Amazon di tutto il mondo. Vi auguro come sempre una buona lettura!

https://www.amazon.it/DONI-DELLA-MENTE-Racconti-Pensieri/dp/1521363919/ref=sr_1_5?s=books&ie=UTF8&qid=1495699822&sr=1-5&keywords=I+DONI+DELLA+MENTE

https://www.amazon.com/DONI-DELLA-MENTE-Racconti-Pensieri/dp/1521363919/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1495699935&sr=1-1&keywords=I+DONI+DELLA+MENTE

https://www.amazon.it/gp/bestsellers/books/13077677031/ref=pd_zg_hrsr_b_1_4_last#5

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LE NEWS

Un altro importante traguardo è stato raggiunto!


Carissimi amici,

un nuovo e importante traguardo è stato raggiunto! Tra pochi giorni quelli che tra i miei romanzi  erano disponibili solo come ebook saranno reperibili in VERSIONE CARTACEA, CON DISPONIBILITA’ IMMEDIATA e, cosa che non guasta, A PREZZI CONTENUTI. Saranno reperibili (ripeto in versione cartacea) negli store Amazon dell’intero territorio nazionale e in quelli di tutto il mondo. Sarà possibile ordinarli direttamente, come nel sito di qualsiasi libreria, oppure scegliere il punto di ritiro per voi più comodo (tra cui anche i numerosi Giunti al Punto).

Con questa grande operazione di diffusione riuscirò a esaudire il desiderio che avevo da tanto tempo e che mi è stato rappresentato da molti di voi, dall’ Italia e dall’estero. Infatti c’è chi ha il desiderio di sfogliare un libro, sentirne la consistenza, perfino annusarne l’odore di carta prima di immergersi nella storia che scoprirà. Del resto il contatto fisico con il libro è stato sempre molto importante anche per me!

Quindi restate collegati, perchè nei prossimi giorni vi informerò più dettagliatamente circa il susseguirsi delle uscite. Vi ringrazio come sempre per l’attenzione che mi dedicate e l’affetto con cui seguite la mia attività letteraria.

A presto amici miei!

Daniela

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Biografia

VOGLIA DI SCRIVERE


Sono nata a Roma, dove si è svolta la mia infanzia, mentre ho vissuto un periodo significativo della mia adolescenza negli Stati Uniti d’America, studiando alla St. Francis School di Manchester, New Hampshire. Tornata in Italia ho proseguito gli studi classici presso il liceo classico Socrate di Roma e l’Università La Sapienza. Anche nella vita professionale ho vissuto esperienze in contesti diversi, che hanno arricchito il mio bagaglio personale. Durante il mio impegno presso gli Scambi Culturali del MIUR, mi sono occupata di Relazioni Internazionali, nell’ambito dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa, curando anche l’edizione italiana di alcuni testi ufficiali. Ho fatto parte del team che ha realizzato il “Peace Program” con lo stato di New York. Ho rivestito inoltre il ruolo di Dirigente Amministrativo nel settore scolastico. Sposata e con due figli ho scelto di dedicarmi solo alla scrittura trasferendomi in una cittadina sulla costa a nord di Roma, senza dimenticare la città eterna alla quale resto sempre profondamente legata.

Sono stata sempre incline alla scrittura e questa passione mi ha portato a creare diverse opere con le quali ho avuto l’onore di vincere significativi riconoscimenti e premi letterari https://danielaalibrandi.wordpress.com/category/i-miei-premi-letterari/.

I MIEI LIBRI

Scrittori si nasce, ma quando, nel corso della vita, si trova l’impulso giusto per iniziare a scrivere? Nel mio caso è stato dopo un infortunio che per un po’ mi ha tenuto ferma, lontana dai ritmi concitati legati al lavoro e a tutto ciò che una donna sposata e con figli deve provvedere. Sola e inferma, mentre tutto il meccanismo del quale mi ritenevo erroneamente motore insostituibile andava avanti alla grande, mi sono abbandonata all’ispirazione e ho iniziato a scrivere “Nessun segno sulla neve”. Di seguito il mio percorso, in un crescendo di successi che mai avrei immaginato di poter raggiungere…

FRESCHI DI STAMPA DEL 2021

DELITTI NEGATI NEI SACRI SOTTERRANEI (Ianieri Edizioni)

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IN LIBRERIA DAL 9 DICEMBRE 2021, “Delitti Negati nei Sacri Sotterranei”, finalmente nella nuova edizione dalla suggestiva e impattante grafica di Ianieri Edizioni, sarà il terzo romanzo della fortunata e pluripremiata trilogia di libri giallo/noir, inserita nella collana editoriale Notturni, iniziata con la pubblicazione di “Delitti Fuori Orario” e proseguita con l’uscita di “Delitti Postdatati”.

Come i precedenti “Delitti Negati nei Sacri Sotterranei”, ambientato nella Roma a cavallo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, porta il lettore a scoprire una città inconsueta e fumosa, a calpestarne gli antichi selciati e, soprattutto, a inoltrarsi nel suo mondo sotterraneo, spesso sconosciuto agli stessi romani. In particolare il romanzo racconta di crimini che avvengono a Borgo Pio, il rione al confine con la Città del Vaticano e con le sue segrete. Attraverso intrecci e suspense si scoprirà l’inaspettato mondo dei sotterranei vaticani, nella perenne lotta tra il Bene e il Male.

“DELITTI POSTDATATI”(Ianieri Edizioni)

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Dal 24 giugno 2021 in libreria, “Delitti Postdatati” è il nuovo romanzo ambientato nella Roma dei primi anni Ottanta che, con una trama ricca di suspense e di colpi di scena, continua la serie iniziata dal pluripremiato “Delitti fuori orario”(Ianieri Edizioni). I romanzi hanno in comune solo l’ambientazione in una Roma fumosa e inconsueta, a cavallo tra la fine anni Settanta e primi anni Ottanta. Mentre il primo della serie conduceva il lettore nel labirinto sotterraneo su cui è sorto il quartiere romano di Prati, “Delitti Postdatati” rivela il misterioso legame esistente tra alcune famiglie residenti in tre quartieri strategici di Roma, L’Aventino, L’Eur e l’antichissimo Rione Monti. In un ritmo calzante, la trama si intreccia  dopo il verificarsi di alcuni delitti nella Roma bene. Presentato come inedito al concorso letterario nazionale Crime Gold Carlo De Filippis, il romanzo ha vinto il Premio Poliziesco Gold 2020

LE USCITE DEL 2020

“DELITTI FUORI ORARIO” (Ianieri Edizioni)

Pubblicato il 3 settembre 2020  “Delitti fuori orario”(Ianieri Edizioni) nella splendida pubblicazione cartacea e anche in formato ebook, rappresenta il primo romanzo della serie giallo noir della collana editoriale Notturni. Il noir metropolitano ad alta tensione narrativa, che tiene incollati i lettori fino all’ultima pagina, è stato subito definito dalla critica “Il noir dell’estate 2020”.  Il romanzo è rientrato tra i finalisti del prestigioso concorso letterario nazionale Romanzi in cerca d’autore 2018, organizzato da Mondadori Store, Kobo Writing Life e Passione Scrittore. Nell’aprile 2021 ha ottenuto la Segnalazione Premio Speciale Giallo Noir al concorso letterario nazionale Città di Grottammare. Della avvincente trama, oltre a vari settimanali, si è occupata anche la rivista Nuova Armonia della RAI. Dal 5 all’8 dicembre il romanzo è stato in esposizione alla Fiera Italiana dello Scrittore, del Libro e del Lettore, organizzata dalla FUIS e da Federintermedia. In particolare nella mattina del 7 dicembre il libro è stato oggetto di una videoconferenza. Un appuntamento  significativo dedicato a questo romanzo è stata la rubrica Lo Scaffale del Rg Lazio (RAI 3), a cura della giornalista Rossana Livolsi, andata in onda l’8 maggio 2021 e dedicata totalmente alla trama coinvolgente e alle sue misteriose ambientazioni.

          “VIAGGIO A VIENNA” (Morellini Editore)

Dal 15 ottobre 2020 nelle librerie fisiche e online il mio nuovissimo romanzo “Viaggio a Vienna” (Morellini Editore) inserito nella collana editoriale Fuori Collana, in edizione cartacea e in ebook. Una trama intrecciata e coinvolgente, un viaggio onirico nella profondità dell’animo umano e nelle intime atmosfere della misteriosa e affascinante città di Vienna. Appena uscito ha già suscitato grande attenzione per le tematiche trattate e per le suggestive ambientazioni. Pubblicizzato su settimanali come L’Ortica del Venerdì e nazionali come MIO, ospite della rubrica Lo Scaffale del periodico RAI Nuova Armonia, il romanzo è stato oggetto di un’interessante intervista all’autrice su Rai Radio 1, per la trasmissione Incontri d’autore, condotta dalla giornalista Alessandra Rauti. Il romanzo è stato ospite della rubrica Eat Parade del Tg2 nazionale.

*   *   *

 LE USCITE DEL 2019

 “I MISTERI DEL VASO ETRUSCO”(Edizioni Universo)

Nel dicembre 2019 Edizioni Universo ha rieditato con il titolo “I Misteri del Vaso Etrusco”, il romanzo ora fuori catalogo “Il vaso di Bemberly”, che era stato pubblicato nel maggio 2017 da L’Erudita, marchio di Giulio Perrone Editore. Il libro, nella sua prima edizione, venne inserito nella rassegna letteraria Racconti in Blu e presentato presso il Castello di Santa Severa il 27 luglio 2017. Nella nuova edizione è stato ammesso al concorso “Il Borgo Italiano” 2018 ed è stato protagonista di una meravifglosa presentazione presso la Sala Ruspoli, nell’antico centro della Cerveteri etrusca, con le riprese televisive di Canale 10. Dal 5 all’8 dicembre il romanzo è stato in esposizione alla Fiera Italiana dello Scrittore, del Libro e del Lettore, organizzata dalla FUIS e da Federintermedia. In particolare nella mattina del 7 dicembre il libro è stato oggetto di una videoconferenza insieme a “Delitti fuori orario”.

  *   *   *

*”I Delitti Negati” é fuori catalogo – la nuova edizione per Ianieri Editore, nella collana editoriale Notturni esce a dicembre 2021 con il titolo “Delitti Negati nei Sacri Sotterranei”

     I  GRANDI  SUCCESSI

“UNA MORTE SOLA NON BASTA”(Del Vecchio Editore)

Nel marzo 2016 un grande successo! Del Vecchio Editore ha pubblicato il mio libro “Una morte sola non basta”. Presentato con grande riscontro di pubblico a Roma e a Firenze, è stato inserito nella rassegna letteraria Letti di Notte 2016. Nell’agosto 2016, inserto nella rassegna letteraria Racconti in Blu, è stato presentato presso Il Castello di Santa Severa. Il romanzo, ammesso al concorso “Giornate di Letteraria 2017”, ha suscitato l’immediata attenzione della critica letteraria. Nel marzo 2019 “Una morte sola non basta” è stato presentato presso la Biblioteca della Camera dei Deputati. Presente nelle più importanti fiere del libro italiane come il Salone del libro di Torino, Book Festival di PisaBook Pride di Milano e Piùlibriepiùliberi di Roma, il libro è stato inserito, nella sua edizione italiana, nel catalogo di prestigiose università statunitensi quali Harvard e Yale e viene definito dalla critica “un grande romanzo neo realista”.

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“NESSUN SEGNO SULLA NEVE” (Edizioni Universo) 

Nel dicembre 2010 ho pubblicato il romanzo “Nessun Segno Sulla Neve”, rieditato nel 2015 da Universo Edizioni, un thriller psicologico presentato la prima volta il 7 dicembre 2010 a Roma, presso la libreria Odradek. Il romanzo è stato successivamente proposto presso la sala conferenze del Castello di Santa Severa, a Genova, presso la libreria Books in the Casba e in altri eventi, come le Fiera del Libro di Modena nel 2011. Inserito nella collana editoriale Oltre La Città, il libro è stato scelto dal Comune di Roma per un evento culturale e letterario dell’Estate Romana 2012 e presentato nei giardini di Castel Sant’Angelo a Roma. Nel luglio 2013 “Nessun Segno sulla Neve” ha vinto il premio letterario nazionale Circe 2013, aggiudicandosi una meravigliosa presentazione alla Fiera di Roma Piùlibripiùliberi 2013. Inserito in catalogo presso la Italian & European Bookshop di Londra e nella collana editoriale Crimini Innocenti, è stato tradotto nell’edizione inglese di “No Steps On The Snow” e reso disponibile all’estero. Il libro ha scalato con successo le classifiche dei Best Seller di Amazon Italia, America, Regno Unito, Francia e Giappone. Nell’estate del 2015 ben cinquanta blog statunitensi hanno parlato del romanzo.

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         “QUELLE STRANE RAGAZZE”(Youcanprint)

Nel febbraio 2018 è uscito il thriller “Quelle strane ragazze”, la riedizione integrale e ampliata del romanzo  “La Fontana delle Rane” (ora fuori catalogo), col quale ho vinto la seconda edizione del concorso letterario nazionale Perseide 2014. Il romanzo, completamente ambientato nel quartiere Coppedè, o Magico come viene definitodai romani, ha già ottenuto riconoscimenti e ottime recensioni da importanti blog letterari. In distribuzione globale in tutto il mondo, è stato postato nelle pagine dedicate al Quartiere Coppedè e Piazza Mincio, come riconoscimento dell’ambientazione.

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“UN’OMBRA SUL FIUME MERRIMACK” (Amazon – Kobo)

Alla fine di novembre 2012 sono risultata tra i vincitori del premio letterario internazionale National Novel Writing Month con il thriller “Un’Ombra Sul Fiume Merrimack”. Nell’agosto 2013 il romanzo è stato tradotto nell’edizione inglese “A Shadow on Merrimack River”, suscitando l’interesse dei blog letterari americani e ottenendo recensioni a cinque stelle sia dai lettori che dai critici statunitensi. Pubblicato da Amazon  ha scalato, nell’edizione italiana, la classifica dei Best Seller di Amazon Italia, dove ha occupato per lungo tempo le prime posizioni. Il libro è in catalogo presso la Italian & European Bookshop di Londra.

                                 LE TRAME AL FEMMINILE

“IL BIMBO DI RACHELE” (Amazon – Kobo)

Nel 2012 ho avuto delle enormi soddisfazioni. Infatti grazie al contratto editoriale vinto con il premio letterario La Città e Il Mare, è stato pubblicato il mio secondo romanzo “Il Bimbo di Rachele”, uscito nel giugno 2012 e presentato alla Fiera del Libro Calabrese di Lamezia Terme. Il 31 agosto 2012 ho partecipato alla conversazione pubblica, organizzata dalla Pagina FB in Treno Conversazione per Tutti i Giorni, totalizzando, in meno di un’ora, centinaia di commenti relativi agli scottanti temi trattati nel libro. “Il Bimbo di Rachele”, ora disponibile in cartaceo e in ebook in Amazon, ha ottenuto recensioni a cinque stelle in Francia dove ha raggiunto la vetta dei Best Seller.

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“QUELLA IMPROVVISA NOTTE A VENEZIA”(Amazon – Kobo)  

Nello stesso anno, è stato pubblicato il romanzo “Quella Improvvisa Notte a Venezia”,  (Amazon- collana editoriale Deny Lelly). Il romanzo ha inaugurato la collana di libri che possono configurarsi nella narrativa rosa, sempre dipinta a tinte forti e con una palpabile suspense.

TRE PREMI LETTERARI MOLTO SIGNIFICATIVI

  1. INEDITO FINALISTA AL CONCORSO MONDADORI “DELITTI FUORI ORARIO”

Nel maggio 2018 ancora un fantastico traguardo. Sono infatti rientrata tra i finalisti del prestigioso concorso letterario nazionale Romanzi in cerca d’autore 2018, organizzato da Mondadori Store, Kobo Writing Life e Passione Scrittore, con il romanzo inedito “Delitti fuori orario”. L’emozionante premiazione si è svolta il 13 maggio, al Salone del Libro di Torino.Il romanzo è ora pubblicato da Ianieri Edizioni, nella collana editoriale Notturni.

    2. PREMIO POLIZIESCO GOLD 2020 A “DELITTI POSTDATATI” al concorso letterario nazionale Gold Crime Carlo De Filippi 2020. Il romanzo, in uscita per Ianieri Edizioni il 24 giugno 2021 in libreria, è parte della serie giallo poliziesca iniziata con “Delitti fuori orario”, pubblicata nella collana editoriale Notturni di Ianieri Edizioni.

     3. SEGNALAZIONE PREMIO SPECIALE GIALLO NOIR  al concorso letterario nazionale Città di Grottammare 2021 a “Delitti fuori orario.

I RACCONTI BREVI         

Nel 2010 ho vinto il concorso letterario nazionale Il Volo di Pègaso con l’opera “Il Compagno Amaro”. Con “I Suoi Passi Leggeri”  sono giunta tra i finalisti al concorso La Memoria, e con il racconto “L’Ultima Casa” ho vinto il premio letterario nazionale La Città e Il Mare. ” Il Bacio dei Vecchi” è risultato tra i vincitori del concorso letterario nazionale Memorial Miriam Sermoneta 2014 mentre, nello stesso anno, “Quei quattro minuti” si è classificato secondo  al concorso letterario nazionale Mani in Volo. Tutti i miei racconti brevi sono stati pubblicati nelle raccolte relative ai concorsi e mensilmente   dal settimanale L’Ortica del Venerdì e da una rivista della RAI. Ora sono inseriti, insieme a   poesie e pensieri, nella raccolta “I Doni della Mente”.

Nella mia produzione anche un libro per bambini, “L’Ispettore Supplì e altre fantastiche storie”, pubblicato da L’Erudita nell’ottobre 2020, mai presentato finora, viste le restrizioni lock down relative alla pandemia.

                                     LE EDIZIONI INGLESI

“Nessun segno sulla Neve” nella edizione inglese “No steps on the snow” ha suscitato l’interesse di ben cinquanta blog statunitensi nell’estate del 2015. Valutato con recensioni a cinquer stelle, ha scalato velocemente le classifiche dei Best Seller di Amazon di Italia ed Europa, negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone.

“Un’Ombra sul Fiume Merrimack” nella edizione inglese “A Shadow on Merrimack River”, tra i vincitori del Nanowrimo 2012 è stato un Best seller di Amazon Italia e in tutti i mercati Amazon all’estero. Ha ricevuto recensioni a cinque stelle negli Stati uniti e nel Regno Unito.

“I Doni della Mente”, è stato tradotto nell’ edizione inglese di “Echoes of the soul” ed è diffuso in tutto il mondo.

 

E continuo imperterrita a scrivere….

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