Interviste, Trasmissioni televisive e radiofoniche

Trasmissione Il Trovalibri di Primaradio Piemonte


Con Moreno Filipetto e Massimo De Muro parliamo degli aspetti letterari, ma anche degli argomenti storici e sociali , che definiscono il mio nuovissimo romanzo “Una morte sola non basta”, Del Vecchio editore.

Link non più attivo.

UNA MORTE SOLA NON BASTADSC_0007

Le prime pagine del romanzo “Una morte sola non basta” lette a Prima Pagina di Radiolibri!

Link non più attivo.

Standard
LE NEWS, Le Recensioni, UNA MORTE SOLA NON BASTA - Le numerosissime recensioni

Recensione di Andrea Terzi, quando il romanzo diventa epopea,


Una Morte Sola Non Basta

Scritto da Andrea Terzi.

Ci sono romanzi di troppo, ed altri che al contrario sono troppo. È questione di qualità.

Di solito, nei volumi ponderosi, non ne trovo che uno, di volume: il più basso, inadeguato ai miei gusti. Dice Ozzy che se il volume è troppo alto, tu sei troppo vecchio, e nell’ultimo romanzo di Daniela Alibrandi il troppo è il primo dei sensi. Dalle descrizioni minuziose, da entomologa del linguaggio, ai singoli ritratti dei personaggi.
Ero stranito all’inizio, rivendicavo il diritto a immaginarli un po’ anch’io. Poi ho capito che quella era la giusta misura, in quanto adatta a tutto il racconto, ambientato fra gli anni Cinquanta ed i Settanta, un periodo storico che i miei coetanei ricordano bene, ma i nostri figli, e talvolta i nipoti, no. Tanti non l’hanno neanche sfiorato, ecco quindi che le gestualità, gli usi, l’ambiente, hanno bisogno di una precisione a cui la mia fantasia si ribellava. Lo stesso vale per i luoghi, i prodotti (che flash il Sidol!) e i paesaggi, i soprannomi, gli eventi, le auto, i cantanti, i politici: chiedono il piacevole sforzo dello scrupolo per dare alla memoria un corpo oltre che una traccia di spirito. E così comincia la proiezione, il film interiore. Su carta, ma vivo e palpitante nella memoria. Due presenze femminili, e due estrazioni sociali differenti, seguite fino dalla nascita. Una borghese, ligia al culto delle apparenze, ai codici casti e a quel perbenismo di convenzione che maschera di bontà la ferocia; l’altra proletaria, dura di stenti e di oltraggi, privazioni, con l’etichetta dell’etica bassa e della fatica, mai libera dai mali del male.
Soprattutto per le figure maschili, simboli dei guasti sociali e “punti di luce spenta” quel troppo, poco o tanto esso sia, è insostenibile. In quell’atmosfera di losca, segreta ambiguità, il troppo domina ogni cosa, e condiziona la vita di Ilaria e Michela. Il boom economico dell’Italia, l’espansione edilizia che si mangia il territorio e chiazza le periferie di caseggiati illividiti, la lotta politica e sociale, la contestazione, lo spettro del benessere che porta dovunque le vetture e da nessuna parte gli uomini, con tutti i loro vizi e le debolezze; il troppo delle attenzioni perverse di zio Enzo per Ilaria che cresce al passo con tempi che lui non riesce a seguire, tempi sventrati dal languore con cui spesso li si guarda pensando al passato. La Alibrandi non fa neppure una concessione alla pietà, che manca ai parenti stretti dei due nuclei familiari: ora per la violenza del sesso, ora per il morbo della superstizione, la piaga delle sette. E nel troppo la paura non ha confini. Nell’età di cappuccetto rosso, i cappucci che guardano Michela sono neri, e intorno hanno candele di cera scura, gesti arcani e apotropaici, sporchi di sangue e della nausea dell’occulto. E lasciano cicatrici fonde nella lotta di ogni giorno: «A tanti anni di distanza, lei continuava a lottare per il bene di sua figlia. Michela non le dimostrava riconoscenza per i sacrifici fatti, anzi la guardava sempre in modo tale da farla sentire in colpa, ma Annamaria faceva finta di niente, cercando solo di non contrariarla mai. Anche per questo non si era mai instaurato un vero dialogo tra loro. Ormai era solo una mamma che si affaticava cercando di soddisfare tutti i desideri della figlia adolescente, e una figlia che non era mai contenta di niente, facendole costantemente sentire di non aver fatto abbastanza.» Annamaria è una madre – come tutti i genitori, nel libro – incolpevole, messa in minoranza dai guasti oggettivi di invidia, ignoranza e crudeltà delle cognate. Le macabre esperienze dell’infanzia, unite agli stereotipi ed ai pregiudizi, segnano le persone in modo profondo: «Se quello era stato l’inizio dei suoi problemi e squilibri, bene, allora voleva dire che era proprio lei ad essere pazza e nessuno avrebbe mai più potuto aiutarla. Mentre osservava ogni tanto i sorrisi rassicuranti di Ilaria, lei si sentiva sprofondare in una voragine di paure ancora peggiori di prima. Distaccata dalla realtà e chiusa nel mondo dei folli, le voci l’avrebbero avuta vinta e non ci sarebbe mai stato posto per l’amore o la felicità. Ora si sentiva gelida dentro e fuori, sospesa nel mondo di chi, nel tempo, sarebbe stato volentieri dimenticato.»
Eppure, nonostante la pressione del male, la goccia della coscienza ne penetra l’arida pietra, ed apre una crepa in cui filtra la luce di un qualche riscatto.
L’autrice non teme di mettere in scena il troppo delle angosce e della pubertà violata, l’intreccio di amori e ribellioni tra «invidie e vecchie faide createsi nel corso degli anni» con quel suo linguaggio da biografa della convulsione. Disegna uno spiraglio in cui le due ragazze, adesso ventenni, possono scegliere di gettarsi verso l’uscita o temere di restare abbagliate, prigioniere ancora una volta nel gioco cinico della violenza che segna le esistenze, una violenza fisica che lascia ferite sullo spirito, e costringe anche la mite Ilaria ad alzare la voce, a perdere le staffe, a nascondere al fidanzato l’orrore degli stupri subiti dallo zio. Di pagina in pagina vengono a galla i segreti di entrambe le giovani, che si svelano piano piano con la confessione quotidiana dell’amicizia – la più efficace terapia – prima di un finale mozzafiato.

Recensione KulturalUNA MORTE SOLA NON BASTA

Standard
LE NEWS, Le Recensioni, UNA MORTE SOLA NON BASTA - Le numerosissime recensioni

La recensione di Martino Ciano


Una  morte sola non basta

Recensione di Martino Ciano

È un libro duro quello che ci presenta la Alibrandi in cui narrativa, sociologia e storia si legano. Con sguardo critico, onnisciente e distaccato, l’autrice ci accompagna nelle complesse trame delle vite di Michela e Ilaria. Storie difficili da digerire, raccontate senza tralasciare i particolari. Ad entrambe le ragazze infatti sono state tolte le gioie dell’infanzia e dell’adolescenza. Il contesto storico in cui si svolgono le vicende delle due protagoniste è quello che va dagli anni cinquanta-settanta. Vent’anni in cui si succedono le speranze del boom economico e le disillusioni di un’emancipazione solo di facciata. A far da cornice al romanzo, Roma.

Ilaria e Michela. Prima bambine oltraggiate nella loro purezza, poi adolescenti che riversano i propri traumi in comportamenti ambigui e misteriosi. Ilaria e Michela. Distrutte non dai propri genitori, ma dai parenti stretti. Violenze domestiche e psicologiche, momenti raccontati con nitidezza come se l’autrice volesse distruggere in noi l’idea che in quegli anni tutto fosse casto, puro, eticamente perfetto. Il male invece è presente in ogni tempo. Cambiano le condizioni, gli accidenti, ma agisce sempre secondo le stesse modalità e anche le conseguenze sono le medesime. Gli unici elementi cangianti sono le contraddizioni e in quel periodo l’Italia ne stava vivendo parecchie.

L’emancipazione della donna, il cambio repentino dei costumi, la fine del mondo rurale e l’inizio del consumismo. La lotta di classe, il divorzio, la società dello spettacolo, i traumi della guerra, la povertà che lasciava spazio all’abbondanza. La stoltezza di un’Italia poco coesa e di una politica che ancora non era riuscita a fare gli italiani. In tutto questo trambusto si annida il male, gli orchi escono dalle fiabe e diventano umani. Maschi o femmine, non importa il loro sesso, essi si alimentano di contraddizioni.

La Alibrandi non ci racconta solo delle violenze che subiscono Ilaria e Michela, ma ci mostra gli stili di vita di due ceti sociali opposti. Quello borghese da cui proviene Ilaria e che si ammanta di perbenismo e di una rigida educazione conservatrice volta a contrastare l’avanzata dell’emancipazione; quello proletario di Michela in cui albergano la precarietà, l’ignoranza, l’essere-agiti-da, il malocchio. Eppure entrambi si completano a vicenda. L’uno si alimenta delle contraddizioni dell’altro. L’incastro è così perfetto che diventa chiaro fin dalle prime pagine, tant’è che alla fine le due protagoniste si incontrano e si annullano a vicenda in un finale impossibile da immaginare, ma che è la logica conseguenza delle contraddizioni vissute dalle due ragazze.

Un romanzo scritto in maniera impeccabile. Un’autrice interessante che induce a riflettere su temi trattati con troppa tragicità e poco spirito critico. La Alibrandi è una innovatrice, ma vi direi troppo e vi farei perdere il gusto di amare un libro che va letto e analizzato. In questo romanzo ci viene mostrata l’altra faccia della medaglia di un’Italia dimenticata e di un’epoca giudicata frettolosamente come il necessario passaggio verso la modernità. Invece…

http://www.satisfiction.me/una-sola-morte-non-basta/

http://www.delvecchioeditore.com/libro/cartaceo/227/una-morte-sola-non-basta

Standard
LA PAROLA AI LETTORI, LE NEWS

La recensione di una lettrice per “Una morte sola non basta”


Il pensiero dei lettori per un autore è il momento più significativo:

Sono una buona lettrice e ho letto l’ultimo libro di Daniela Alibrandi: -Una morte sola non basta- mi ha: sorpreso, coinvolto, emozionato, commosso.  È un libro scritto con una leggerezza sorprendente nonostante la tematica FORTE….I personaggi sono messi a fuoco fin da subito….sembra quasi di averli già incontrati….quindi ho provato una grande immedesimazione. Daniela Alibrandi deve assolutamente continuare a scrivere per donare a tutti noi che amiamo leggere momenti piacevoli che fanno bene allo spirito e soprattutto  al cuore… Passate parola.

Grazie

Pia Corciulo

UNA MORTE SOLA NON BASTA

Standard
Eventi, LE NEWS, Trasmissioni televisive e radiofoniche

Registrazione della trasmissione Primo Spettacolo


RADIO CITTA’ FUTURA, DA ASCOLTARE!

La registrazione della trasmissione Primo Spettacolo di Radio Città Futura. Insieme alla giornalista Federica Manzitti percorriamo la trama del nuovo libro “Una morte sola non basta”, pubblicata da Del vecchio Editore, mettendone in luce la complessità e la particolare ambientazione storica e sociale.

https://www.youtube.com/watch?v=470sSNRS684

Standard
Eventi, LE NEWS

Trasmissione Radiofonica Primo Spettacolo, 5 aprile 2016


Amici miei carissimi, siete tutti invitati ad ascoltare la trasmissione Primo Spettacolo di Radio Città Futura domani, 5 aprile alle ore 16.00, sintonizzandovi su 97.7 FM oppure seguendola in streaming. Sarò infatti in diretta dai microfoni della radio per parlare del mio nuovo libro “Una morte sola non basta”, Del Vecchio editore. Non mancate!!!

https://www.facebook.com/events/217601071961791/

UNA MORTE SOLA NON BASTA

Standard