I Miei Racconti, LE NEWS

L’abbandono, sentimento straziante…


Ho letto da qualche parte che più si scrive meno si soffre, e credo che sia vero. Ogni scrittore mette nelle proprie opere illusioni, disperazioni, sogni e frammenti di felicità. E io non faccio ecccezione, nei miei libri traspare quel fenomenale intreccio.

Ma a un particolare genere letterario ho riservato la pienezza del mio vissuto, ed è quello dei racconti brevi, dei pensieri sintetici e incisivi. Tutti sono stati pubblicati nelle raccolte dei concorsi vinti, in alcuni settimanali e perfino da un periodico della RAI.

Si trovano nell’antologia “I doni della mente”, tradotta nell’edizione inglese “Echoes of the soul”, una pubblicazione molto apprezzata se, in pochi giorni, la pagina Facebook ad essa dedicata ha raccolto più di 600 likes.

Ma torniamo al titolo dell’articolo, L’abbandono… metto di seguito alcuni pezzi che faranno capire molto più di quello che potrei raccontare:

Foto del settimanale “L’ortica del venerdì”, che per primo ha pubblicato il racconto

Ci sono alcune cose che non si dovrebbero mai fare a Natale…

A volte il ricordo di storie passate aggredisce l’anima nei momenti più impensati e forse più inopportuni. Come stamani, mi devo affrettare per l’appuntamento che mi attende e invece, mentre sto facendo scorrere la cinta attraverso i passanti dei jeans, c’è qualcosa che rallenta le mie mosse e mi riporta a un fatto lontano, a una domanda che non mi ponevo più da anni e alla quale non sono mai riuscita a dare una risposta. Perché i miei genitori scelsero proprio il 23 dicembre come data per definire in tribunale la loro separazione? Il Natale era ormai così vicino che già se ne sentiva il calore, in quei giorni solo la voglia di chiudersi in casa, lontano dalla scuola, insieme a loro che solitamente facevano in modo di stare più tempo con noi durante le feste. Insomma, il Natale era lì, dovevamo solo afferrarlo e goderlo come ogni anno.

Uscirono presto quella mattina e ci lasciarono da un’amica di famiglia. Io ero la più grande, quella che avrebbe dovuto capire ciò che era impossibile comprendere. Avevo visto mamma e papà sorridenti, uniti e felici per anni. Una sola lite tra loro, di una violenza verbale inaudita, durante la quale si erano rinfacciati un mare di avvenimenti del loro vivere insieme che a me erano sfuggiti. Perché non ero stata attenta a ciò che subdolamente si era insinuato tra di loro, perché ero stata tanto sprovveduta da considerare quel nucleo familiare solido e scontato? Era come se sotto uno strato di neve soffice e invitante si fosse aperto un crepaccio senza fondo…e io vi stavo precipitando.

Non ce la facevo a restare chiusa in quella casa, dove avrei dovuto rispondere agli interrogativi che i miei fratellini mi ponevano con i loro sguardi inconsapevoli. Ero grande ed ebbi il permesso di uscire. Fuori mi accolse il frastuono del centro di Roma, splendente in una fredda e assolata giornata invernale. Lì l’odore della festa era più forte. Il profumo di legna bruciata e le vetrine illuminate e addobbate mi volevano parlare di una storia diversa. Non avevo mai provato quell’infelicità. Mi fermai davanti a un negozio che esponeva dei bellissimi presepi. La gente, i pacchi di regali, il sorriso sui volti di chi mi parlava vicino, descrivendo doni e pensieri. All’angolo, vicino al caldarrostaio, quasi a voler rubare il calore dal suo braciere, coperti da abiti tradizionali i zampognari soffiavano nelle cornamuse melodie natalizie.

Mamma e papà forse stavano firmando la fine del loro matrimonio proprio in quel momento e io provai una sensazione inaspettata. Sentii che il mio essere si spaccava in due, io stessa non ero più un’entità unica. Mentre il nucleo che mi aveva generato si scindeva le mie stesse cellule si stavano lacerando ed era molto doloroso. Sentii mancare il respiro e iniziai a vedere le immagini davanti a me danzare e tremare. San Giuseppe non era più vicino alla Madonna, non c’era più neanche il Bambinello e le sagome dei pastori sublimavano i loro contorni in un’ombra grigia che avvolgeva e nascondeva quei piccoli teatri di fede, che non riuscivo più a scorgere. Mi allontanai dalla vetrina, impaurita, e corsi veloce verso gli zampognari. I miei occhi erano colmi di lacrime e la mia espressione doveva essere talmente disperata che uno di loro smise di soffiare e mi fissò. Fuggii, camminando strada dopo strada in cerca di qualcosa che ormai non c’era più. Le luci del Corso, il volo festoso dei gabbiani sul Tevere, le cui acque lente lambivano l’Isola Tiberina, i secolari platani di Trastevere. Non c’era nulla che riuscisse a darmi sollievo, il mio animo si dibatteva nell’oscura profondità di un baratro. Corsi via, verso l’incertezza che accompagnò in seguito tutta la mia vita, l’insicurezza dei sentimenti che avrei provato, il terrore di essere abbandonata o, ancora peggio, di poter essere io un giorno ad abbandonare chi mi avrebbe amato. Mi avviai verso quella strana sensazione gelida e nostalgica che annunciò in seguito i miei futuri Natali.

Poi udii il bambino piangere e disperarsi. “Voglio il camion dei pompieri…” e la mamma lo tirava via dalla vetrina. “Dai, fai ancora i capricci che Babbo Natale non ti porta più niente!” diceva lei, mentre faticava portando una busta carica di spesa. Il bimbo frenò immediatamente il pianto, smorzando il suo capriccio. La minaccia che Babbo Natale non si sarebbe ricordato di lui doveva essergli sembrata terribile. Mentre si asciugava gli occhi con il dorso della mano mi guardava, forse chiedendosi come mai anch’io, grande e grossa, stessi asciugando le mie lacrime.

<<A Natale non si fanno queste cose!>> pensai angosciata. Il Natale è la festa del caldo di casa, del sapore di broccoli e carciofi fritti, come quelli che spuntavano ora dalla pesante sporta di quella donna. È sbagliato considerarla solo una festa cristiana, è la gioia dello stare insieme, del dormire tra mamma e papà in attesa che si compia il mistero e i doni durante la notte si materializzino. Ci potevano essere tante altre feste per mettere fine al loro matrimonio, si potevano scegliere momenti diversi dell’anno, non quel giorno, quella data… Il bimbo tacque. Mentre veniva trascinato via dalla mamma mi sorrise e io sorrisi a lui. Dopo tutto per lui era pur sempre Natale!

Questa poesia è stata pubblicata sulla rivista Poeti e Poesia

HO AVUTO UN PADRE

Ho avuto te come padre e non ne vado fiera, fosti capace di abbandonarmi alla soglia della mia vita vera. Andasti via senza voltarti, dietro al tuo nuovo amore, l’unica che sapeva amarti.

Per anni affacciata alla finestra fino a sera, volli credere che dopo il gelo dell’inverno tornasse il vento tiepido di primavera.

Non fu così e so che mi hai dimenticato, nonostante l’intenso sentimento di figlia con cui ti avevo amato. E solo ora riesco a camminare con passi silenziosi nel mondo dolce in cui solo tu mi facevi librare. Carezzo il tuo profilo e infine ti rivedo.

*

“I doni della mente” è disponible in ebook e in cartaceo su Amazon e in ebook su Kobo. Entrando nel seguente link potrete leggere l’anteprima gratuita con il racconto “Il bacio dei vecchi”, premiato al Campidoglio di Roma.

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